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Paolo Martin, “La Camargue? Oggi la rifarei così”

È noto che la linea della Camargue (1975-1986, all’epoca l’auto più costosa del mondo) abbia fatto sollevare più di un sopracciglio ai cultori del marchio. E ancheche la Regina Elisabetta abbia tenuto la Rolls-Royce “italiana” a una certa, rispettosa, distanza. A mezzo secolo dai primi disegni (l’allora venticinquenne Paolo Martin, impiegato “figurinista” alla Pininfarina, sostiene di averla schizzata già alla fine del ’68) le cose vanno un po’ meglio, un po’ perché di Camargue ne furono prodotte solo 526, un po’ perché anche molte delle Rolls moderne lasciano perplessi e qualcuna è addirittura entrata nelle classifiche delle auto più brutte di tutti i tempi. Fatto sta che, mentre il mercato collezionistico sta provando nuove emozioni per la “coupé” (passo 3.848 mm!) venuta da Torino, il suo creatore è tornato al tavolo da disegno e si è divertito a tratteggiare quello che potrebbe essere il profilo di una “nuova” Camargue, semmai a Westhampnett, o meglio Monaco, qualcuno fosse interessato a ritentare l’esperimento.

Pubblichiamo quindi volentieri i disegni e i rendering di Paolo Martin, che hanno alcuni spunti di fascino neoclassico. A cominciare dal parafango anteriore a sbalzo che ritrova corrispondenza nella bombatura del posteriore. Il frontale, con radiatore ridotto e molto inclinato (l’originale lo era di soli 7°), è incorniciato dai fari che Martin ha previsto in due varianti. Una tonda e leggermente incassata, ed una con vetratura rettangolare. Così scrive lo stesso designer, padre – lo ricordiamo – di capolavori come la Ferrari Modulo 512 e la Dino Berlinetta Competizione, entrambe del 1967.

Questo studio riassume un po’ gli stilemi legati alla casa, rielaborati in chiave odierna. La tecnologia è applicata, idealmente, all’impianto elettrico e ai nuovi sistemi evolutisi nel tempo. Della prima Camargue ho conservato il passo, le careggiate e l’abitabilità, cercando di dare la sensazione di comodità e lusso tipiche di quel modello. Ma senza esagerare: non vi sono fronzoli né cromature, ma l’essenza delle proporzioni e l’equilibrio” spiega Martin.

Un motivo per cui ho proposto questo divertissement – conclude il progettista torinese – è principalmente la visione dell’attuale produzione, troppo statica, rigida e monumentale, che non rispecchia più il DNA della Rolls-Royce.”

Giosuè Boetto Cohen

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