Porsche 912, la rivincita della "sorella minore" - Ruoteclassiche
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08/02/2022 | di Giancarlo Gnepo Kla
Porsche 912, la sorella minore
Nata come entry level della gamma Porsche, la 912 si ritagliò un posto tutto suo nel cuore degli appassionati. Dopo essere stata a lungo snobbata, ora è tra i modelli più ricercati. Ecco la sua storia!
08/02/2022 | di Giancarlo Gnepo Kla

Pensata come sportiva entry level, nel 1965 una nuova coupé colmava il gap fra l’uscente Porsche 356 e la 911, che si avviava ad una luminosa carriera. Con un’indole più mansueta e una migliore affidabilità la “piccola” di Zuffenhausen fu capace di farsi amare dagli appassionati di tutto il mondo.

Nella prima metà degli anni 60 la gamma Porsche era composta dalla 356, capostipite della genealogia Porsche e dalla 911, presentata nel ’63. La nuova nata, pur riprendendo lo schema con motore posteriore a sbalzo, era frutto di un progetto completamente nuovo e aveva prestazioni e prezzi superiori rispetto all’antenata. Tuttavia, appena giunte sul mercato, le 911 erano afflitte da alcuni guasti che (inizialmente) disincentivarono gli appassionati dall’acquisto. Questo spinse i vertici aziendali a pensare ad un nuovo modello, esteticamente analogo alla 911, ma dal prezzo più contenuto: al Salone di Francoforte del 1965, Porsche presentava la 912.
Anche il nome del progetto condivideva le sue origini con la 911. Infatti, se la sorella maggiore avrebbe dovuto chiamarsi “901”, la meno potente avrebbe adottato la nomenclatura 902 ma, per questioni legali questo non fu possibile: Peugeot aveva già registrato tutti i numeri a tre cifre con lo zero al centro. Ciò spinse Porsche a dirottare la nomenclatura su “911” e, analogamente, 912.

Meccanica collaudata. La 912, secondo le intenzioni dei progettisti, doveva essere il modello d’ingresso della gamma Porsche. Aggirato il problema dello stile, ripreso pedissequamente dalla 911, restava da capire quali soluzioni tecniche dovevano essere abbandonate per ridurre i costi di produzione. Si progettò un nuovo propulsore, il cui sviluppo venne assegnato a Dan Schwartz, il quale valutò diverse proposte. Alla fine, in luogo del sei cilindri della 911, venne scelto un motore quattro cilindri boxer da 1,6 liti (1.584 cc).

Meno potente ma più agile. L’unità, derivata da quella in uso sulle 356 “C”, prevedeva una distribuzione monoalbero ad aste e bilancieri. Equipaggiata con nuovi carburatori Solex era in grado di erogare 15 CV cavalli in più, toccando 90 CV a 5.800 giri/min e una coppia di 122 Nm. Il nuovo propulsore si fece apprezzare sin da subito coniugando l’elasticità tipica del motore da 75 CV alle prestazioni vivaci della 356 SC da 95 CV. La trasmissione si avvaleva di un cambio manuale a quattro marce, con la possibilità di montare quello a cinque marce (optional). Con un peso di 970 kg e una distribuzione delle masse migliore, ne guadagnarono l’autonomia ma soprattutto la tenuta di strada, superiore a quella della 911. Buona anche la velocità massima: 185 km/h.

Allestimento semplificato. Per mantenere il prezzo della 912 sufficientemente basso vennero rimosse alcune delle dotazioni che la 911 offriva di serie: ciò consentì di avvicinare un bacino di utenti maggiori, inclusi appassionati che difficilmente avrebbero potuto permettersi una Porsche.
Ad esempio la 912, fino al 1968, adottò come primo equipaggiamento la plancia con tre strumenti circolari in luogo di quella a cinque del modello superiore. La strategia si rivelò oculata: il prezzo ma anche l’affidabilità resero la Porsche 912 un oggetto del desiderio, rendendola così la Porsche più venduta. In totale ne vennero prodotte poco più di 30.000 unità.

Anche in divisa. La prima generazione della Porsche 912 seguì gli sviluppi delle prime 911: dopo la classica coupé, al Salone di Francoforte del ’65, debuttò la variante “Targa” con tetto asportabile e lunotto in materiale plastico. Questo modello venne particolarmente apprezzato dai reparti di Polizia Stradale di vari Paesi, come Germania Ovest, Svizzera Olanda. Venne adottata persino da alcuni dipartimenti giapponesi. Si rinsaldava così una tradizione originata con la 356, la prima a vestire la livrea della polizia. Inoltre, la 100.000° Porsche uscita dalle linee di Zuffenhausen fu proprio un esemplare allestito per la Bundespolizei.

Allunga il passo. Di pari passo con le modifiche apportate alla 911, nel 1968 la 912 subì un importante aggiornamento che vide l’adozione di un passo leggermente più lungo (57 mm in più). All’inizio del ’68 La Porsche 912 Targa, analogamente alla sorella, venne proposta con un nuovo lunotto fisso in vetro (optional). Di questa versione, complessivamente, si contano circa 2.500 unità.
Nel 1969, la Porsche 912 sembrava aver ormai raggiunto il suo zenit: l’innovativa Porsche 914 era stata appena presentata come nuova entry level e, per quelli che erano i volumi di vendita Porsche in quegli anni, il management ritenne insostenibile lo sforzo per la produzione di tre linee di automobili. Nello stesso anno, la produzione della 912 si concluse.

Secondo tempo. A quasi sette anni dall’uscita di produzione, nel 1976, la Casa di Stoccarda si trovò nuovamente nella situazione che, oltre 10 anni prima, portò alla nascita della 912. Porsche, orfana della 914 e con la 924 in cantiere, decise di riproporre un modello con le fattezze della 911, con prestazioni più basse e dal prezzo allettante. Debuttava la “912E”.
Questa versione venne venduta esclusivamente sul mercato nordamericano, dove Porsche aveva consolidato la sua presenza nel corso degli anni 60 e dove, la crisi energetica fece registrare una contrazione nelle vendite di auto sportive.

Cuore umile. La Porsche 912E venne sviluppata con la collaborazione della Volkswagen, che fornì il suo motore da 1.7 litri, poi ampiamente rimaneggiato dai tecnici Porsche. Come la prima generazione, ne risultò un’unità da due litri con una potenza di 90 CV. Il propulsore da 1.971 cc derivava da quello in uso sulla 914 con iniezione elettronica L-Jetronic, questa volta in abbinamento al cambio a cinque marce.
Gli appassionati questa volta non gradirono molto la scelta di un motore depotenziato derivato da un marchio “generalista” e di una dotazione semplificata, non solo nell’allestimento ma anche nella tecnica.
Ad esempio, la strumentazione era priva del manometro e dell’indicatore del livello dell’olio poiché quest’ultimo era reso superfluo per via di una lubrificazione tradizionale e non a carter secco.

Senza fretta.
A livello estetico, le differenze erano più marginali: i cerchi erano realizzati in acciaio stampato con coprimozzo cromato (gli stessi delle prime 911); a richiesta i tipici cerchi in lega Fuchs, proposti nella misura da 14” e non da 15” come sulla 911.
A parità di potenza, i quasi 200 kg in più rispetto alla precedente 912 non giovarono alle prestazioni generali ma nonostante ciò, la 912E poteva raggiungere i 180 Km/h. Anche la dinamica di guida era meno precisa, per via di una taratura differente di sterzo e cambio ma soprattutto per via della barra antirollio montata solo sull’asse anteriore. Inoltre, alla luce di prestazioni più tranquille, vennero adottati dischi freno tradizionali in luogo di quelli autoventilanti.
Alla luce di queste considerazioni Porsche escluse di vendere la 912E in Europa, dove un carattere così mansueto avrebbe fatto insorgere la clientela storica.

Cenerentola. Prodotta soltanto tra il 1975 e il 1976, della Porsche 912 E si contano circa 2.100 esemplari e, proprio in virtù della sua meccanica semplice e robusta, metà di queste sono ancora in circolazione. Snobbate per decenni, oggi, la grande rarità rende questa versione una delle più ricercate dai collezionisti.
Per farvi un’idea sui prezzi e su ciò che bisogna controllare prima dell’acquisto potete consultare la nostra Guida al Collezionismo dedicata ai modelli Porsche.

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