Porsche Boxster: per molti, ma non per tutti - Ruoteclassiche
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05/04/2024 | di Andrea Paoletti
Porsche Boxster: per molti, ma non per tutti
Con questa spider la Porsche sistema i suoi conti, conquistando una nuova clientela e ponendo le basi per una nuova generazione di motori boxer (centrali) raffreddati ad acqua
05/04/2024 | di Andrea Paoletti

Parlare di Porsche, nella seconda metà degli anni 90, significa, in pratica, parlare essenzialmente della 911 - verso la fine della serie 993, ultima con motore raffreddato ad aria -, in quanto unico modello rimasto a listino: la scelta di lanciare una seconda auto, la Boxster dal prezzo ben più accessibile, era quindi più di una necessità, e l’esigenza di far quadrare i conti portò i vertici di Stoccarda a fare alcune scelte che fecero storcere il naso ai puristi del marchio.

Scommessa vinta. Partiamo col dire che la linea della Boxster - la cui denominazione è una crasi tra motore Boxer e carrozzeria RoadSter - è di quelle che meritano la definizione di instant classic. Se ne resero conto subito tutti, dalla prima apparizione, sotto forma di concept, al Salone di Detroit del 1993, affascinati dall’equilibrio dei volumi e dalle citazioni di modelli leggendari del marchio, come la 550 e la 718 RS 60 Spyder (vedi lo scarico centrale). La Boxster 986 era una vera scommessa per il marchio tedesco: doveva essere sportiva quanto bastava per essere inequivocabilmente Porsche, ma a un prezzo significativamente più basso del solito (86.722.000 lire, il listino italiano). E, per riuscirci, l’unica soluzione era che la due posti condividesse soluzioni meccaniche e parti di telaio e carrozzeria con la successiva 911 in fase di sviluppo (la 996, appunto).

Similitudini importanti. La pietra dello scandalo sarà proprio questa parentela stretta, che irriterà non poco i proprietari della 996, prima 911 raffreddata a liquido, il cui frontale, visto dallo specchietto retrovisore, era molto simile a quello della Boxster, caratterizzato dai fari soprannominati a “uovo al tegamino”. Per non parlare del fatto che, sotto al cofano, c’era un 6 cilindri boxer raffreddato a liquido da 2.5 litri e 204 CV, portato al debutto assoluto proprio dalla spider, che diventerà la base dei motori futuri, 911 inclusa. I proprietari della piccola Porsche ne erano soddisfatti: le prestazioni, infatti, erano all’altezza del marchio, con uno 0-100 in 7 secondi e 240 km/h di velocità massima.

Evoluzioni. La configurazione a motore centrale garantiva una notevole tenuta di strada, come se il telaio “chiedesse” ancora più potenza per dimostrare la propria validità. Cosa che puntualmente accadde nel 1999 con la cilindrata aumentata a 2.7 e la potenza a 220 CV e poi con l’arrivo della versione S che, oltre a particolari estetici (cerchi specifici, doppio terminale di scarico) vide la cilindrata salire a 3.2 per 250 CV, 5,6 secondi da 0 a 100 e 260 km/h di velocità massima.

Pure in subappalto. La Boxster vendeva talmente bene che la Porsche, nel 1997 - anche per via della commercializzazione della 911 996 - si vide costretta ad appaltare una parte della produzione a una ditta finlandese, la Valmet, già specializzata nell’assemblaggio delle Saab cabrio. Saranno 55.705 gli esemplari venduti solo nel primo anno e, per dare un’idea di cosa abbia significato per Zuffenhausen, è un numero superiore al totale delle Porsche vendute nel 1992, ovvero circa 40.000.

Ritocchi di potenza. Nel 2002 arrivò un aggiornamento che riguardò gli indicatori di direzione anteriori, ora trasparenti, nuovi cerchi da 17 pollici e modifiche ai motori introdotti nel 2000 (grazie al controllo migliorato dell'albero a camme VarioCam). Seguirono ritocchi di potenza, a 228 CV per il boxer 2.7, e a 260 CV per il 3.2. La prima Boxster chiuderà la carriera nel 2004 a quota 164.874 unità prodotte. Oggi una prima serie 2.5-2.7 vale, se perfetta, circa 25 mila euro e una 3.2 S quasi 30 mila.

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