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Piccola enciclopedia Porsche: tutti i modelli a motore centrale

In 62 anni di storia la Porsche 911 non ha mai osato spostare la posizione del motore dalla sua sistemazione originaria: sempre “fuori bordo”. La 911 RSR da corsa che correrà l’anno prossimo (e tenterà di conquistare la classe GT alla 24 Ore di Le Mans 2017) stravolge e sconvolge questo principio portando il propulsore al centro. Ma se per la 911 è una novità epocale, nella storia di Porsche l’utilizzo di questa soluzione è assolutamente normale: dalla prima 356 del ’48 a oggi questa scelta ha costruito il successo del marchio soprattutto in gara.

La nuova Porsche 911 RSR presentata al Salone di Los Angeles in questi giorni segna una rivoluzione epocale nella storia della 911. Dalla sua presentazione – Francoforte ’63 – come erede dell’ormai obsoleta 356, la 911 si è evoluta in ogni senso. Tranne in un aspetto tecnico: il motore, rimasto sempre posizionato a sbalzo sull’asse posteriore. Questo ha, di fatto, congelato tutto lo sviluppo per oltre 60 anni stabilendo un imperativo: si può intervenire ovunque ma non sulla posizione del motore. La natura, l’essenza, l’identità di questo modello non è mai cambiata perché lo staff tecnico ha sempre dovuto tenere conto di questa – ardua – architettura. Così non è successo, ad esempio, per altri modelli iconici dell’universo automobilistico: la Fiat 500 o la Volkswagen Maggiolino attualmente in listino non hanno più nulla in comune – design a parte – con le loro progenitrici.

MOTORE CENTRALE
Eppure il motore posteriore-centrale, pur non avendo mai osato sfiorare la 911, ha avuto un’importanza fondamentale per Porsche. Ecco, allora, un piccolo vademecum delle Porsche con motore posizionato all’interno del passo.

356 n.1 1948. La prima vettura a portare il marchio Porsche, la 356 del 1948 progettata da Ferdinand Porsche e costruita nella famosa segheria di Gmund in Carinzia, nacque con un layout tecnico completamente differente rispetto alla 356 di produzione: carrozzeria in leggero alluminio, telaio tubolare (contro la struttura “a scatolato” che verrà utilizzata fino al ’64) ma, soprattutto, piccolo boxer 4 cilindri di 1,1 litri (derivazione Vw Maggiolino) in posizione, appunto, posteriore-centrale.

550 RS 1953. La 356 si rivelò da subito una perfetta Gran Turismo: confortevole su strada ma molto forte in gara. Alla 24 Ore di Le Mans del ’51 una 356 SL (Super Licht) arrivò 2oesima ass. e prima in classe 1.1 (anche se il raggruppamento, a onor del vero, era composto da sole 3 vetture, una delle quali non giunse al traguardo). Nel ’52 fece ancora meglio, conquistando l’11esimo posto assoluto. Era tempo, tuttavia, di progettare un modello specifico per le competizioni. Una miccia l’aveva già accesa qualche tempo prima Walter Glöckler, titolare di un concessionario Volkswagen e pilota con vetture artigianali costruite con meccanica Porsche (cui la Casa Madre aveva dato assistenza ufficiale) e l’innovativo posizionamento al centro del propulsore. Al Salone di Parigi del ’53 ecco la soluzione: la nuova 550, motorizzata con il nuovo Typ 547 progettato da Ernst Fuhrmann: 4 cilindri posteriore-centrale, 1,5 litri, bialbero, due carburatori Solex, oltre 130 Cv di potenza su un corpo vettura di meno di 600 kg di peso e molto aerodinamico (il design viene studiato in galleria del vento). Il suo palmares è straordinario. 1954: prima di classe a Le Mans, 6° ass. e prima di classe alla 1000 Miglia. 1955: 4°, 5° e 6° posto assoluto a Le Mans, 8° ass. e 1° di classe alla 1000 Miglia, 1956: vittoria alla Targa Florio (550A, Umberto Maglioli). A bordo di uno di questi esemplari, il 30 settembre 1955 trovò la morte James Dean.

PORSCHE 718 RS-K (“RennSport Kurz”). L’evoluzione della 550 mantiene le caratteristiche di base (motore – ora modificato in 547/2, telaio e carrozzeria) ma il progetto viene aggiornato con numerose modifiche per rendere la vettura ancora più competitiva: telaio tubolare irrigidito, carrozzeria più bassa e con una minore resistenza all’avanzamento, nuova sospensione posteriore, possibilità di spostare l’asse dello sterzo (in tre pezzi) per creare una monoposto, motore 4 cilindri bialbero 1.5 più potente (fino a 150 Cv).

PORSCHE 718 RS60 / RS 61 / RS62. Rispetto alla prima RS-K vengono ci sono ancora miglioramenti ed evoluzioni, sia per essere sempre più veloce, sia per rispondere ai regolamenti che, di anno in anno, riservavano continue sorprese. Per il 1960 la FIA impose abitacoli più spaziosi, porte più grandi e parabrezza maggiorati. Furono perciò aumentate le dimensioni del telaio e allungato il passo. Il motore Typ 547 venne ulteriormente sviluppato nei tipi 547/3 e 547/4, con potenze sempre più elevate. La RS60 debuttò alla 12 Ore di Sebring del ’60 con Hermann/Gendebien cogliendo la vittoria. Vinse poi (con un’ulteriore evoluzione di motore, il 547/5) la Targa Florio, giunse seconda alla 1000 Chilometri del Nurburgring ma nulla poté, alla 24 Ore di Le Mans, contro le Ferrari e a fine stagione fu vice campione del mondo del Campionato Marche. Nel 1961 fu aggiornata in RS61, con passo allungato di 10 cm, continuando a mietere successi: conquistò l’Europeo della Montagna e la coppia Gregory/Holbert vinse la classe a Le Mans davanti a Barth/Hermann su un esemplare modificato in “Le Mans Coupé. Nel ’62, la nuova RS62 o 718/8, motorizzata con un nuovo 8 cilindri (Typ 771) proveniente dalla 804 di F1, conquistò la terza piazza alla Targa Florio ma le fu impedito di correre la 24 Ore di Le Mans (Edgar Barth e Hans Hermann conquistarono il 7° posto ass. e primo di classe con la 356 Carrera-Abarth GTL). Parallelamente, furono sviluppate due derivazioni, la 718 GTR Coupé e la W-RS, versioni con motore maggiorato a 2 litri, poi sostituito con l’8 cilindri: grazie a 210 Cv volava a 280 orari. Nella stagione ’63 la prima vinse la Targa Florio (Bonnier/Abate), la seconda conquistò l’Europeo della Montagna e l’8° posto assoluto alla 24 Ore di Le Mans.

787 FORMULA 2, 804 FORMULA 1. Con alcune poco ortodosse modifiche, sul finire degli Anni 50, si verificarono “strani” casi in cui le Porsche RSK, “trasformate” in monoposto (nel ’58 a Reims Jean Behra si presentò con una vettura in cui il posto guida era centrale!) risultavano superiori alle vere F2. Pochi ma promettenti risultati convinsero Porsche a sviluppare, per il ’59, un vero modello per la categoria: su un telaio in tubi d’acciaio fu costruita una carrozzeria in alluminio e, in posizione posteriore-centrale, montato il motore Typ 547/3 di 1,5 litri e oltre 150 Cv. Dopo una gestazione non priva di problemi e una certa dose di sfortuna, finalmente alla gara di Aintree del 1960 la F2 Porsche conquistò la sua prima vittoria e si produsse in una escalation continua che portò alla conquista del campionato.
Nello stesso tempo e complice il cambio dei regolamenti, Porsche si trovò coinvolta anche in F1: con la riduzione della cilindrata a 1,5 litri Porsche si trovava a lottare con le “grandi”. Ma dal punto di vista del motore, occorreva un’unità completamente nuova per essere allo stesso livello della concorrenza: fu allora sviluppato un nuovo 8 cilindri boxer con raffreddamento ad ariaTyp 753 – capace di 180 Cv. Nuovo era anche il telaio, più lungo, ma veramente obsoleti i freni, ancora a tamburo. Il debutto a Bruxelles nell’aprile ’61 fu un disastro. Per il resto della stagione, costretta a usare il 4 cilindri, la nuova 804 si dimostrò molto al di sotto delle aspettative. La stagione ’62 cominciò con un cauto ottimismo: auto nuova e potenziale decisamente superiore rispetto all’anno prima. Ma, ad esclusione di una (fortunosa) vittoria a Reims, le monoposto Porsche non furono mai veramente competitive e a fine anno fu deciso il ritiro.

PORSCHE 904. La prima Porsche con il “9” come prima cifra della sua denominazione è stata una “motore-centrale”. L’erede della 718 fu un progetto completamente inedito, nato per risollevare il morale del Reparto Corse dopo gli scarsi risultati della 804 di F1. Ne nacque una coupé omologata per la categoria GT e per il Gruppo 3 – App. J (per il quale era richiesta un lotto minimo di 100 unità). Il telaio era una nuova struttura a piattaforma e traverse, con una carrozzeria in vetroresina (prima Porsche di questo tipo). L’iniziale motore Typ 547/3 fu poi sostituito con una versione da corsa del nuovo 6 cilindri in linea della neonata 911. La Casa Madre, dal canto suo, si riservò l’uso anche dell’8 cilindri Typ 771 ex F1. Dopo il debutto in sordina a Sebring ’64 ecco il primo risultato della 906 (commercialmente nota come Carrera GTS): vittoria alla Targa Florio (Antonio Pucci / Colin Davis). Successivamente fu terza assoluta al Nurburgring e 7° e 8° assoluta alla 24 Ore di Le Mans, solo per citare le gare più famose. Nel ‘65 fu seconda al Rally di Montecarlo, a un passo dalla vittoria. Dalla 904 GTS fu derivato anche una versione speciale, 904/8 Kanguruh, per il campionato Europeo della Montagna. Era molto più leggera di una 904 (oltre 100 chili in meno) ma non brillava per rigidità sicché dopo alcune prove, fu “degradata” a vettura sperimentale.

PORSCHE 906. Nel ’66 la 904 lasciò il posto alla 906, sviluppata dal team guidato da Ferdinand Piech. Entro un nuovo telaio a traliccio tubolare veniva posizionato – al centro – il boxer 6 cilindri 2 litri Typ 901/20 (ma alcuni esemplari ufficiali montarono anche l’8 cilindri), derivato dal motore della 911 stradale ma molto più leggero (oltre 50 kg in meno) e potente (220 Cv contro 130); questo era accoppiato a un cambio meccanico a 5 marce. Altre sue caratteristiche erano le porte ad ali di gabbiano e i serbatoi di benzina sistemati sui fianchi in luogo dell’alloggiamento anteriore (che penalizzava il comportamento della 904). Rispetto al regolamento precedente, fu possibile costruirne solo 50 esemplari. Nella stagione ’66 la 906 vinse la Targa Florio e conquistò successi di categoria alla 1000 Km del Nurburgring e di Spa. Oltre a vittorie di classe a Sebring e Daytona, ottenne il 4°, 5°, 6° e 7° posto alla 24 Ore di Le Mans dietro alle Ford GT40.

PORSCHE 910. Il modello successivo alla 906 si pose l’obbiettivo di aumentare l’indice di competitività, sia nel Mondiale Prototipi contro Ferrari e Ford (soprattutto nei circuiti corti dove avrebbe potuto sfruttare ancora meglio il suo potenziale grazie alla maggiore leggerezza e agilità data dal motore più piccolo) sia nelle gare in salita, dove Porsche era pressoché imbattibile. La 910 esordì in salita – con l’8 cilindri 2 litri Typ 771 – alla Trento-Bondone ’67 in versione aperta. Gerhard Mitter ottenne un tempo stupefacente. Il modello da pista debuttò nel Mondiale Marche – Gruppo 6 entro 2 litri, agli appuntamenti americani. Dotata del più affidabile 6 cilindri, concluse brillantemente al quarto posto a Daytona e Sebring, vinse la classe a Monza e a Spa, dominò alla Targa Florio (tre 910 ai primi 3 posti) e al Nurburgring (un’altra tripletta). Ma, almeno, sui circuiti, la carriera della 910 fu interrotta per lasciare posto alla nuova 907. In versione Spyder, invece, continuò a correre sulle salite beneficiando di un continuo sviluppo. La 910 Bergspyder, utilizzando materiali sempre più leggeri (alluminio, magnesio e titanio), arrivò a valori di peso impensabili, anche inferiori a 400 kg in assetto da gara (fonte di notevoli problemi di guidabilità).

PORSCHE 907. L’evoluzione della 910 ne riprendeva i concetti base. La novità principale consisteva nell’adozione della guida a destra (ritenuta più congeniale poiché i circuiti si percorrevano soprattutto in senso antiorario). Una versione con “coda lunga” e motorizzata con il 6 cilindri 2 litri a iniezione fece il suo ingresso sulla scena alla 24 Ore di Le Mans del ’67: le veloci berlinette tedesche (oltre 300 sul rettilineo delle Hunaudieres) si comportarono bene ottenendo il quinto posto assoluto. Al successivo appuntamento di Brands Hatch conquistò il quarto posto. La stagione ’68 segnò l’iniziò dell’uso estensivo del motore 8 cilindri, giudicato finalmente adeguato alle esigenze di una gara di durata (e in combinazione con un nuovo telaio in alluminio). Poiché la cilindrata massima della categoria Sport fu ridotta a 3 litri e le 5 litri furono costrette a produrre almeno 50 esemplari, Ferrari e Ford si trovarono a ripensare il loro layout tecnico ma Porsche, automaticamente, diventava il marchio da battere: dopo un colossale 1-2-3 a Daytona la 907 vince anche a Sebring, soffre a Brands Hatch e Monza ma vince la Targa Florio. Porsche trionfa ancora al Nurburgring (la nuova 908) e manca gli appuntamenti di Spa e Watkins Glen ma vince a Zeltweg. Si decide tutto a Le Mans (quattro 908 Coda Lunga, nel frattempo entrata nei giochi, e tre 907 coda lunga), spostata a settembre: la 907 è seconda dietro una Ford e lascia al gigante di Detroit il titolo.

PORSCHE 908. Durante la stagione ’68, Porsche diede avvio allo sviluppo di un nuovo motore 3 litri intuendo che per il ’69 i regolamenti internazionali avrebbero subito profonde modifiche. E così fu: 3 litri per la categoria Prototipi, 5 litri per la Sport. Il tipo 908 debuttò alle prove di Le Mans dell’aprile ’68 dove evidenziò una serie di problemi. Le difficoltà furono confermate dalla prova di Monza ma poche settimane più tardi Jo Siffert e Vic Elford la portarono al traguardo al primo posto al Nurburgring. Dopo il grande impegno per le Mans, i preparativi per la stagione ’69 portarono alla trasformazione della 908 in Spider. Le 908 cominciarono male: a Sebring si ritirarono tutte e cinque, a Daytona si riuscì a salvare la faccia con un terzo posto. La 908 vinse a Brands Hatch e subito dopo riapparve al Nurburgring in versione 908/02 con carrozzeria molto “piatta” (di tre esemplari se ne presentò uno solo: gli altri furono distrutti in prova in uscite di pista dovute a problemi di aerodinamica). Per Le Mans la Porsche tornò con la 908 coupé e riuscì ad agguantare un secondo posto. Frattanto, mentre era nel pieno lo sviluppo della 917, fu sviluppato il tipo 908/3, modello che con la /02 condivideva solo il motore. Vinse la Targa Florio del ’70 e la Mille Chilometri del Nurburgring nel ’70 e ’71. In mano ai privati, la 908/3 corse fino al 1976 e tra i suoi piloti ebbe anche l’attore Steve McQueen, che alla 12 ore di Sebring del 1970 giunse secondo assoluto in coppia con Revson.

PORSCHE 909. Fu utilizzata soprattutto come auto sperimentale, utile per lo sviluppo della 908/3. Esordì alla salita del Gaisberg del ’68 e, nelle premesse, avrebbe dovuto sostituire la 910 Bergspyder. Motorizzata con l’8 cilindri 2 litri tipo 771, era molto diversa per effetto di un generale riposizionamento di tutti gli organi meccanici. Durante le prove della salita di Berchtesgaden trovò la morte Lodovico Scarfiotti.

PORSCHE 917. Durante l’estate del ’68 iniziò la progettazione di una nuova Sport per la classe 5 litri per contrastare l’imminente ingresso di Ferrari con un nuovo modello. Utilizzando molta componentistica della 908, nacque una nuova unità 12 cilindri di 4,5 litri raffreddata ad aria (con ventola verticale) da oltre 550 Cv, montata su un telaio tubolare di 908 modificato e con carrozzeria in vetroresina. Nell’aprile ’69, tutti e 25 gli esemplari di 917 LH (Lancgheck – coda lunga) necessari all’omologazione erano pronti (ma con l’eliminazione del prolungamento posteriore si poteva tranquillamente trasformare in 917 K (“Kunz” – corta). La nuova 917 K debuttò alla 1000 KM di Spa del maggio ’69 ma fu subito ritiro. Arrivò successivamente 8° ass. al Nurburgring e sperò a lungo in una vittoria alla 24 Ore di Le Mans, conclusa con un ritiro dopo quasi 20 ore in testa. Finalmente, alla 1000 KM dell’Osterreichring, la prima vittoria.
Nel 1970, con un’organizzazione molto più efficace (da un lato il partner John Wyer Automotive con l’appoggio di Gulf Oil, dall’altro la Porsche Salzburg), la 917 potè dilagare nel Mondiale, conquistando – tra l’altro – il primo successo alla 24 Ore di Le Mans. Il continuo sviluppo cui fu sottoposta diede origine a numerosi aggiornamenti: dai vistosi stabilizzatori posteriori (“pinne di pescecane”), alla 917.20 con carrozzeria speciale, alle versioni con aerodinamica modificata per Le Mans ’71, alle modifiche al motore che passò da 4,5 a 5 litri per 600 Cv, all’utilizzo della turbocompressione. Così dalla 917 PA del ’69 e attraverso la 917/10, la 12 cilindri di Stoccarda raggiunse il suo massimo sviluppo con la 917/30 per il Campionato Can-Am, in cui il V12 biturbo arrivò a fornire 1.100 cavalli. Complessivamente, grazie a 908 e 917, Porsche vinse tre campionati Mondiali Marche consecutivi – ’69, ’70 e ’71. Anche la 917 si lega alla figura di Steve McQueen: nei panni del pilota Michael Delaney la guidò per le riprese del film Le Mans.

PORSCHE 916, 914/6 GT. Il progetto comune tra Porsche e Volkswagen per creare – da un lato – una Porsche economica e – dall’altro – una Volkswagen sportiva, sfociò nella 914, presentata al Salone di Francoforte del ’69. Questa coupé con tetto asportabile, motore posteriore-centrale, sospensioni indipendenti e due posti era disponibile in listino con vari motori. Tra le varie versioni derivate la 916 fu un modello di studio molto sportivo. Prodotta in soli 11 esemplari montava il 6 cilindri della 911 S 2.4 o il 2.7 da 210. Al vertice, invece, la 914/8 montava lo stesso 8 cilindri di 3 litri della 908. Per le competizioni, invece, Porsche propose la 914/6 GT con allestimento specifico ed equipaggiata con motore da 210 Cv. Alla 24 Ore di Le Mans del 1970 colse un ottimo sesto posto assoluto e primo della classe GT fino a 2 litri.

PORSCHE 936. Per partecipare al Campionato ’76 Porsche approntò a tempo di record un nuovo modello conforme al Gruppo 6. Il telaio, a traliccio di tubi, in alluminio, riprendeva i concetti già visti su 908 e 917. Per il motore la scelta cadde su un’evoluzione del 6 cilindri boxer 2.2 che, con turbocompressore, aveva equipaggiato la 911 Carrera RSR Turbo 2.100. In questo caso vennero utilizzate due turbine per complessivi 520 cavalli. Nella stagione la Porsche 936 tenne testa alle Renault Alpine e alle Alfa Romeo 33 biturbo vincendo il campionato grazie soprattutto all’affidabilità. Vinse anche la 24 Ore di Le Mans, che quell’anno non era valevole per il titolo. Nel ’77 la 936 non corse la stagione ma si riservò di presentarsi esclusivamente alla 24 Ore di francese. Delle due vetture schierate, una fu costretta al ritiro, la seconda riuscì a vincere dopo una gara rocambolesca e giungendo al traguardo con il motore funzionante a 5 cilindri. Battuta nel ’78 dalla Renault, la Porsche si riprese la rivincita sulla Sarthe nel ’79: la 936 fu messa fuori gioco dai problemi ma vinse la 935 della Kremer Racing. Nel 1981, infine, l’ultima vittoria della 936 nella classica francese.

PORSCHE 956/962. Nel 1981 prese il via la progettazione di una nuova macchina in vista dell’applicazione del nuovo regolamento per il Gruppo C: questo fissava nuovi standard per i motori (sottoposti a un limite di consumo) e per l’architettura delle vetture (carrozzeria chiusa, serbatoio centrale, gabbia rollbar integrale). La squadra dei progettisti Porsche (Peter Falk, Norbert Singer, Horst Reitter, Valentin, Schaeffer ed Eugen Kolk) mise a punto un nuovo telaio monoscocca in alluminio, dietro al quale venne posizionato il serbatoio. Quindi, protetto da una paratia, il motore (posteriore-centrale): 6 cilindri boxer di 2,65 litri di cilindrata, distribuzione bialbero con 4 valvole per cilindro, raffreddamento misto aria/acqua, 2 turbocompressori con scambiatore di calore. La potenza massima era di 620 cavalli. Al motore era collegato un cambio a 5 marce alloggiato in una scatola di magnesio. La carrozzeria, in plastica, aveva rinforzi in carbonio. L’aerodinamica, provata in galleria del vento, risultava molto curata in vista delle elevate velocità di punta raggiungibili in lunghi rettilinei come a Le Mans. il debutto avvenne alla 6 Ore di Silverstone del 6 maggio ’82, seconda gara di campionato, dove concluse al secondo posto. All’appuntamento successivo, la 24 Ore di Le Mans fu un vero trionfo: 5 Porsche ai primi 5 posti, con le nuove 956 davanti a tutti dopo una condotta di gara perfetta. Il resto di stagione vide il totale dominio della Porsche, campione Prototipi (e Jackie Ickx campione Piloti). La casa di Stoccarda vinse ancora il Mondiale ’83 e il Mondiale ’84.
Per la stagione ’85 fu approntata la nuova 962 (che era stata sviluppata anche secondo le specifiche del campionato americano IMSA e aveva esordito a Daytona nell’inverno ’84). Contraddistinta da un telaio più lungo rispetto alla 956, la 962 aveva caratteristiche differenti a seconda della serie in cui correva: per l’America utilizzava un boxer 6 cilindri posteriore-centrale con turbo singolo, 3,2 litri e 700 Cv; per la categoria Gruppo C si utilizzava il motore 956 – biturbo – con evoluzioni (fino a 3 litri di cilindrata). Differenti anche le carrozzerie, sia per intervento dei regolamenti ma anche per le evoluzioni successive studiate e implementate dai team. Nel Gruppo C la 962 ha vinto ancora la 24 Ore di Le Mans 1985 e 1986 conquistando nelle stesse annate anche il titolo costruttori del Mondiale Marche. La bontà del progetto ha permesso a questo modello di essere protagonista delle corse ancora per molti anni.

PORSCHE 911 GT1. Sviluppata dopo la 962 ne ha ripreso alcuni concetti ma, nella storia delle Porsche a motore centrale, possiede una serie di elementi di vicinanza con la 911. Rispetto al modello di serie, tuttavia, evidenziava tali differenze da non potersi configurare come una “Neunelfer” seppure molto modificata quanto una vera e propria Sport Prototipo. Escludendo la posizione del motore la GT1 manteneva elementi della scocca anteriore della 993 laddove il posteriore (motore compreso) viene derivato dalla 962. Il boxer 6 cilindri di 3,2 litri raffreddato a liquido e con 2 turbo, posizionato posteriormente ma al centro del passo, dava circa 600 Cv di potenza. All’epoca, la 911 più potente – la 993 GT2 – contava ancora sui concetti classici della 911: scocca portante, motore a sbalzo, motore raffreddato ad aria. La 911 scese in pista per la prima volta (anche se fuori classifica) alla 4 Ore di Brands Hatch del 1996 nell’ambito del nuovo Campionato BPR, nato sulle ceneri del Mondiale Marche. La vittoria ufficiale arrivò alla successiva gara di Spa e ancora a Zhuhai mentre a Le Mans la nuova sport di Stoccarda vinse in classe GT1. L’anno successivo la nuova 911 GT1 Evo ricevette una serie di aggiornamenti estetici (nuovi fari con look della 996 stradale) e meccanici. Non fu tuttavia, una stagione molto brillante nella serie BPR (laddove il campionato americano GT la incoronò regina a fine stagione). Nel 1998, caduta la norma che obbligava le GT1 a mantenere una certa parentela con le auto di serie, la 911 GT1 Evo ’98 si presentò come un’auto completamente nuova, con un inedito telaio monoscocca in fibra di carbonio. Nonostante il livello di competitività non fosse eccezionale, riuscì a vincere la 24 Ore di Le Mans. Della 911 GT1 con stile che richiama la 993 e del modello susccessivo, l’evoluzione dotata di qualche elemento stilistico della 996, sono state realizzate due mini serie stradali in un numero molto esiguo di esemplari.

PORSCHE LMP2000. Nonostante la vittoria a Le Mans, la 911 GT1 aveva mostrato numerosi limiti di competitività. Poiché, inoltre, nel 1999 le vetture con carrozzeria spider della classe LMP sarebbero state le uniche a competere la supremazia nella serie del FIA GT, Porsche iniziò la progettazione di un nuovo modello, siglato 9R3. A un nuovo telaio monoscocca in fibra di carbonio sarebbe stato abbinato un motore 10 cilindri di 3,5 litri sviluppato anni prima per la Footwork di F1. L’unità fu modificata con l’aumento di cilindrata oltre i 5 litri e l’installazione di un sistema di ingranaggi della distribuzione convenzionale. A metà ’99 il primo esemplare fu pronto ma, inaspettatamente, Porsche cancellò il progetto nonostante gli ottimi risultati nei test preliminari. Di quella vettura fu conservato il motore, che andò ad equipaggiare la Carrera GT entrata in listino nel 2006.

PORSCHE RS SPYDER. Sviluppata nel 2006 secondo il regolamento ACO Le Mans per la classe LMP2 questo nuovo modello ha segnato un importante ritorno del brand nelle gare Endurance. Sviluppata sul tema dei progetti precedenti, si basa su una monoscocca in fibra di carbonio con motore posteriore-centrale 8 cilindri di 3,4 litri per circa 500 cavalli. E’ stata in attività dal 2006 al 2010 correndo soprattutto in America nel campionato ALMS (American Le Mans Series) dove, soprattutto nel 2007 in versione “evoluzione” ha, molto spesso, ha insidiato le stesse più veloci Audi della classe LMP1 grazie al minor peso e maggiore agilità. Questo modello, in particolare, nel 2008 ha vinto la 12 Ore di Sebring e, in Europa, la serie LMS.

PORSCHE 919 HYBRID. In attività

Alvise-Marco Seno

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