Ritrovata la Ferrari F40 del figlio di Saddam - Ruoteclassiche
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10/05/2020 | di Paolo Sormani
Ritrovata la Ferrari F40 del figlio di Saddam
In queste ore sta facendo il giro del mondo la notizia del ritrovamento della Ferrari F40 di Uday Hussein, figlio del dittatore iracheno Saddam Hussein.
10/05/2020 | di Paolo Sormani

Sta facendo il giro del mondo il clamoroso barn find della Ferrari F40 appartenuta a Uday Hussein, il sanguinario figlio di Saddam. Nonostante abbia appena 3.700 chilometri alle spalle, è in cattivo stato. L’attuale proprietario chiede oltre un milione di dollari, ma l’incubo vero è esportarla.

Le auto dei dittatori e dei protagonisti del lato oscuro della Storia fanno sempre notizia. È sempre stato così, dall’Alfa Romeo 6C 1750 carrozzata Zagato attribuita a Mussolini alla Mercedes 770K Grosser Open Tourer di Hitler. Fino alla Fiat 500 elettrica personalizzata da Castagna ritrovata nel bunker segreto di Mu’ammar Gheddafi. Se poi si tratta di una Ferrari F40, la notizia di un barn find ha il potere di scatenare la curiosità degli appassionati. La F40 apparteneva al primogenito di Saddam Hussein, il sanguinario Uday. La sua ricerca era iniziata già nel 2015 quando un appassionato, Mazan Amin, visitò la sua famiglia nella città di Erbil, nel Kurdistan iracheno. Aveva già visto sul Web un’immagine della F40 e ne parlò con il padre, che a sorpresa gli disse che sapeva dove si trovasse. I due non persero tempo, ma quando arrivarono alla rimessa restarono delusi: era stata portata via. Il proprietario dell’officina sapeva comunque dove e fu fissato un incontro.

A mano armata. Rintracciare la Ferrari fu tutt’altro che semplice. Anziché fornire loro un indirizzo, cosa piuttosto sconsigliabile da quelle parti e di questi tempi, Amin e il padre dovettero aspettare la persona in un caffè. “Ormai eravamo lì da tre ore quando improvvisamente un paio di Toyota Land Cruiser si bloccarono davanti al marciapiede. In ognuna c’erano due, tre persone, armate di Kalashnikov”, ha riferito Amin. Dopo un breve interrogatorio di sicurezza, padre e figlio furono costretti a salire sulle Land Rover e partire immediatamente. Destinazione: sconosciuta. Tensione: da tagliare a fettine. I fuoristrada si fermarono davanti a una grande casa di Erbil, presidiata da diverse guardie armate. Dopo aver incontrato il proprietario, che Amin ha descritto come “una copia di Al Capone in tuta militare e capelli pettinati all’indietro”, i due furono portati davanti a un magazzino sorvegliato in un altro sito e invitati a entrare. Il portone era schiuso giusto di un metro. Bastò. Eccola. La F40 si trovava fra altre macchine, completamente impolverata, all’ombra di una grande tettoia di ondulato. Amin racconta che fu stupefatto da quanto fosse più piccola di come l’aveva sognata. Subito dopo, pensò che sarebbe stato meglio togliere dal tetto le quattro gomme nuove che vi erano state appoggiate senza tanti complimenti. Guardò il contachilomeri: segnava appena 3.700. “Improvvisamente, tutto il resto intorno a me scomparve. Mi ritrovai a girare intorno alla F40 scattando una raffica di foto. Ricordo di aver provato tristezza davanti a questa icona lasciata lì a marcire”.

Cose turche. Naturalmente il proprietario si guardò bene dal fornire alcuna spiegazione su come fosse venuto in possesso della supercar. Stando a quanto raccontato da Amin, si limitò a dire che il suo primo proprietario, Uday Saddam Hussein, l’aveva spedita in Turchia per la manutenzione. Dopo l’invasione americana del 2003, la supercar restò oltreconfine per diritto di ritenzione e l’attuale proprietario, che ne conosceva la storia, decise semplicemente di andare là e prendersela. Amin e il padre discussero l’acquisto della F40, per tutta risposta fu richiesta la cifra di trecentomila dollari in contanti, vista e piaciuta. Più che la mancanza di varie parti, il problema vero era portarla fuori dall’Iraq: Amin viveva in Svezia e ottenere i documenti necessari per l’esportazione sarebbe stato un incubo. Il seguito del barn find è stato reso noto pochi giorni fa. Amin ha richiamato il proprietario, la stessa persona incontrata cinque anni prima, per avere altre immagini della Ferrari. Nel frattempo, erano emersi alcuni tasselli mancanti sulla sua storia. Il più interessante è che, prima dell’arrivo delle truppe americane, Uday Hussein diede l’ordine ai soldati di bruciare le auto della sua collezione. Piuttosto eclettica, ma di rilievo: la sua rimessa di Baghdad custodiva diverse decine tra Ferrari, Porsche e Rolls-Royce, una Nissan GT-RS, una Ford Escort Cosworth e molto altro. Alcune scamparono al rogo, tra le quali una Ferrari Testarossa personalizzata in rosa e, appunto, la F40 spedita in Turchia per il tagliando.

Prezzo quadruplicato. Resta ignoto come l’auto sia giunta al suo attuale proprietario, a Erbil. L’anno successivo al ritrovamento da parte di Mazan Armin, attraverso il Web “Big” Chris Smith di Gas Monkey Garage riuscì a sapere che la F40 si trovava ancora a Erbil e volò appositamente in Iraq. La trovò nello stato già descritto, ricoperta interamente di sabbia e con diverse parti mancanti. L’affare sfumò per le stesse ragioni: a parte la trafila burocratica da incubo, il conto delle parti mancanti sarebbe stato parecchio salato. Nel frattempo, il prezzo è salito a 1.150.000 dollari, una quotazione da esemplare impeccabile. Per qualcuno la storicità si paga, anche la più lugubre. Per la cronaca, Uday Saddam Hussein ebbe in sorte una fine analoga a quella delle sue auto. Nascosto e rintracciato dai paracadutisti americani della 101ª Divisione Aviotrasportata e dalla Delta Force in una casa di Mosul, fu ucciso con il fratello minore Qusavy e il nipote quattrodicenne. Nel famigerato mazzo di carte dei ricercati distribuito ai soldati americani, lui era l’asso di cuori.

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