Il 6 settembre 1925, presso l’Autodromo Nazionale di Monza, si disputò il “Gran Premio d’Italia”, prova del “1° Campionato del Mondo Automobilistico per vetture Grand Prix”. Delle 15 vetture al via, solo otto conclusero gli 80 giri del circuito, lungo 10 km ciascuno.
La vittoria andò all’Alfa Romeo P2 - la prima vettura da competizione del marchio progettata da Vittorio Jano – guidata da Gastone Brilli-Peri, che concluse in 5 ore, 14 minuti e 33 secondi, con una velocità media superiore ai 152 km/h. A soli tre secondi di distacco arrivò il compagno di squadra Giuseppe Campari, anch’egli al volante di una P2.
Un nuovo marchio
Da quel trionfo nacque la leggenda sportiva dell’Alfa Romeo, che conquistò il primo dei suoi cinque Campionati del Mondo. Il successo proiettò la Casa milanese nell’élite dei costruttori internazionali e il marchio si fregiò della corona d’alloro, simbolo dei vincitori.
Per fare “bella figura”
Già nell’ottobre del 1923, Nicola Romeo aveva incaricato Vittorio Jano di progettare in pochi mesi una nuova vettura biposto da Gran Premio: "Senta, io non pretendo che lei faccia la vettura che batte tutti, ma ne vorrei una da far bella figura, per creare un cartellino anagrafico a questa fabbrica. Poi dopo, quando avrà un nome, facciamo l’automobile". Jano prese ispirazione dal lavoro svolto in Fiat sui modelli 801-402 del 1921 e 805-405 del 1923, ai quali aveva collaborato insieme agli ingegneri Tranquillo Zerbi e Giulio Cesare Cappa.
Potenza e aerodinamica
Il progetto diede vita a un otto cilindri in linea biblocco da 1.987 cm3, con distribuzione a due alberi a camme in testa e valvole disposte secondo un’ampia V di 104°. Il motore, sovralimentato da un compressore Roots e alimentato da due carburatori Memini, era abbinato a un cambio a quattro marce e freni a tamburo su tutte le ruote. La prima versione, assemblata il 2 giugno 1924 e collaudata al Portello da Campari e Ascari, erogava 140 CV a 5.500 giri/min. Nel 1925, grazie ai carburatori Memini Super, la potenza salì a 155 CV. Le linee della vettura furono studiate in chiave aerodinamica, seppur con soluzioni ancora “rudimentali”, e prevedevano due configurazioni di coda: a punta o a bauletto.
L’inizio del mito
Dal debutto, la P2 conquistò numerosi successi, ma fu la vittoria di Brilli-Peri a consacrare definitivamente l’Alfa Romeo come simbolo di eccellenza italiana, passione e velocità. Il centenario di quell’impresa non rappresenta soltanto la celebrazione di un trionfo sportivo, ma anche un’occasione per riflettere sull’ingegno e sulla passione che hanno reso Alfa Romeo un’icona universale dell’automobilismo. A cento anni di distanza, la P2 resta la testimonianza viva della capacità italiana di trasformare un’automobile in leggenda.