L’Alfa Romeo 75 compie trent’anni. Tanto è passato dall’11 maggio del 1985, giorno della presentazione di quella che, a detta degli alfisti più puri, è l’ultima rappresentante della tradizione del Biscione. Il motivo? È stata l’ultima vettura tutta “Made in Arese” ed è stata l’ultima berlina a trazione posteriore della Casa milanese, figlia di un susseguirsi di conquiste meccaniche iniziate nel dopoguerra con le 1900 e la Giulietta, consolidate con la Giulia e perfezionate ancora con l’Alfetta, da cui l’Alfa 75 eredita lo schema meccanico.
Una storia, quella della 75, che è un vero miracolo: nata in un periodo difficile per la Casa milanese e con poche risorse, è stata invece un successo. In sette anni di produzione (1985-1992) ha sfiorato i 400.000 esemplari, compresi quelli che sono sbarcati Oltreoceano col nome Milano. Il suo cofano ha ospitato tutti i “mostri sacri” del Biscione, dal quattro cilindri bialbero 1,6 al 2 litri Twin Spark, fino al 3 litri V6 (il glorioso “Busso”). E poi lo stile, opera dell’architetto Ermanno Cressoni (ai tempi responsabile del Centro Stile Alfa Romeo) che ha creato una linea nuova e assolutamente riuscita dovendosi arrangiare con quello che aveva, cioè la scocca della Giulietta del 1977. Cressoni l’ha rielaborata da maestro: costretto a mantenere la cellula abitativa e le porte, le ha raccordate al resto della carrozzeria con una fascia di plastica che corre intorno tutta la vettura donandole uno stile personale che emana sportività e velocità. In altre parole: aggressivo.
Quello che ci voleva per vestire una meccanica degna di un’auto da corsa. Sotto, infatti, c’è il Ponte De Dion e lo schema transaxle con motore anteriore longitudinale e cambio al retrotreno. Significa che il bilanciamento dei pesi è perfetto e il comportamento su strada sembra da pista. Forse è per questo che oggi è così amata e ricercata dagli appassionati: a trent’anni di distanza, guidare un’Alfa 75 significa respirare a pieni polmoni lo spirito Alfa di un tempo.