"Fra i prodotti che l'industria automobilistica ha dato al mercato fino a oggi, tanto come soluzione tecnica quanto come soluzione pratica, è indiscutibile che l'Alfa Romeo 1900 rappresenti uno dei più tangibili risultati, riuscendo a offrire a un prezzo accessibile a un largo strato di automobilisti una vettura con caratteristiche e prestazioni che finora erano riservate alle vetture di lusso ad altissimo prezzo". Il primo pieghevole di presentazione del modello, distribuito dalla Casa a fine estate 1950, fu chiarissimo. Non solo sulla modificata funzione sociale, ma più in generale su tutto il cambio di rotta dell'azienda: una nuova filosofia.
La curiosità cresce
In pochi l'avevano vista: il motore iniziò a girare al banco solo il 14 gennaio 1950, lo stile della carrozzeria era stato definito poco tempo prima, e al Salone di Torino inaugurato il 4 maggio, la 1900 apparve in versione provvisoria. Di conseguenza non presenziava nello stand dell'Alfa, ma era stata parcheggiata all'esterno, fra le vetture "da dimostrazione". Qualche sospetto era trapelato il 2 marzo, quando l'auto fece la sua prima uscita su strada con Consalvo Sanesi al volante, e Busso, Nicolis e Garcea come passeggeri. Ma soprattutto quando Guido Moroni, leggendario test driver dell'Alfa Romeo, era uscito di strada con un esemplare di preserie, dopo aver esagerato con l'acceleratore.
Tutta nuova
L'ingegnere Orazio Satta Puliga dirigeva l'orchestra, Busso e Garcea alla meccanica, Colucci e Palamidessi alla carrozzeria. Dopo 25 anni si tornava ai 4 cilindri, ma i due assi a camme in testa, come nella "mamma" 6C, erano incontestabili. Il monoblocco di ghisa garantiva solidità sempiterna e, con un'architettura non dissimile dai motori aeronautici, gli 80 CV della versione primigenia indicavano che il propulsore aveva ancora ampi margini di sfruttamento. Le versioni più spinte sarebbero arrivate presto, con alcune modifiche. Quanto al resto, efficacia e razionalità dovevano coincidere: avantreno a ruote indipendenti di geometria simile alla 6C 2500, retrotreno più stabile (un calvario da progettare accontentando tutti) ad assalerigido anziché a braccetti obliqui, ancoraggi di duralluminio e barra Panhard (presto sostituita da puntoni centrali), con tamponi di gomma per smorzare le oscillazioni. Su strada il piede sicuro si percepiva.
Anima e corpo
Le prestazioni rimanevano analoghe a quelle delle 6C grazie al consistente risparmio di peso concesso dalla scocca portante, la più dirompente fra le novità della 1900 benché non si notasse. Ciò permetteva anche maggiore rigidità torsionale e una più efficiente industrializzazione, essendo la catena di montaggio al Portello ancora da sviluppare. Fuori la berlina appariva levigata, moderna, pulita e signorile, con un tocco di aggressività nel frontale con trilobo. Dentro era più spaziosa di quanto sembrasse, e il pregiato panno della tappezzeria ricopriva le modernità sotto un classico manto elegante e discreto. Da essa germoglieranno poi le Sprint, le TI per le gare Turismo Internazionale, le più raffinate Super, TI Super e le varie fuoriserie. Ma sempre preservando la stessa radice di berlina da famiglia per antonomasia che vince le corse, che entusiasma lo sportivo per la velocità, la ripresa e la maneggevolezza, e colui che la utilizza come mezzo di lavoro per la possibilità di viaggiare con la riposante comodità di una vettura di gran lusso. Quindi non solo fu una scommessa vinta per l'Alfa Romeo e un successo confortante dopo l'apocalisse della guerra, ma anche il ceppo su cui tutte le successive auto del nuovo corso si baseranno, per almeno 30 anni.