Belle e possibili, un paio decisamente irraggiungibili, ma ci sta: il desiderio e l’amore non conoscono confini. Per la festa degli innamorati, ecco dieci auto con il nome da donna – e naturalmente da uomo – pronte per essere invitate in garage.
Diverse persone ammettono a bassa voce di parlare alle loro auto. Di chiamarle per nome. Non c’è niente di male, nessun trattamento sanitario obbligatorio da richiedere. Lo fanno anche le Case. Fra sigle astruse e cifrate, serie e classi varie, nella produzione di serie c’è spazio anche per il romanticismo di un nome proprio. Di un’onomastica emozionale da pronunciare nel rivolgere un pensiero, un’attenzione, ma anche un’imprecazione quando la vettura punta le gomme. Quello fra lei, lui e l’automobile è un rapporto a due – o a tre, perché privarsi di un po’ di divertimento? – complesso e stimolante. Ad accenderlo è sempre il corteggiamento e c’è più gusto quando l’invito galante a entrare in garage è sussurato a un nome evocativo.
Renault Clio Williams.Questa amante della quotidianità non solo sfoggia un nome d’attrice, ma anche un cognome da Formula 1. La versione sportiva della Clio 16 valvole è una di quelle che non ama stare ferma. La prima serie è stata costruita a partire dal ’93 in 5.000 esemplari, ai quali l’anno dopo segue una seconda serie numerata e pepata per il mercato italiano, con i suoi 150 cv. Quei cerchi in lega color oro brillano come braccialetti. Coraggio, fatevi avanti.
Citroën Dyane.Siate sinceri, avete mai conosciuto una Dyane che vi abbia mai detto di no? La sorella più piccola della 2CV è nata negli anni della libertà e della condivisione. Basta con le gonnone e i costumi interi, si guida a tettuccio aperto! Del nome di battesimo si discute ancora oggi. Si dice che sia derivato dalla Panhard, che ha collaborato al progetto e avesse brevettato tutti gli appellativi che iniziavano con “Dy” Fra i quali, i modelli Dyna. È bastato aggiungere una “E” all’anagramma, per ottenere il nome della dea romana protettrice delle donne.
Lotus Elise.Gli inglesi l’avevano già definita con la sigla M111, anonima e un po’ triste. Non portava neanche tanto bene, visto l’insuccesso della M110 Elan. Ma siccome nel 1995 la Lotus apparteneva a un italiano, Romano Artioli, ecco il colpo di genio: dedicarla alla nipote Elisa, nata e cresciuta insieme alla gestazione della spider a trazione posteriore. Oggi la bambina è diventata giovane donna, ma resta l’ambassador naturale di una tipa così svelta, che “nessun’altra al mondo è stata in grado di estrarre più magia da soli 120 cv”.
Lancia Flaminia.Sapete bene come a Borgo San Paolo abbiano legato i loro modelli più rappresentativi ai nomi delle strade romane. Da percorrere con comodità e autorevolezza, ad andatura sicura e aristocratica. E Flaminia è stata l’ammiraglia di casa Lancia, la vera signora della produzione italiana di rappresentanza, fra la seconda metà degli anni Cinquanta alla fine dei Sessanta. Ambasciatrice di eleganza austera, ha trovato una pari solo nel ’76, con l’arrivo della Gamma.
Lancia Fulvia.Oltre che dalla via Fulvia, il nome deriva dall’appellativo con il quale gli antichi romani indicavano le biondine. Noi invece siamo più abituati a vederla in, che so, avorio Chantilly, bianco Saratoga, bronzo Longchamps… Ma è in rosso HF che tira fuori le unghie, quella che per anni è stata etichettata come “la coupé per lei”. Ora che vige la parità dei generi, possiamo invitarla a fare una gita in montagna senza tante menate.
Alfa Romeo Giulia.Non è sbarazzina e Sprint come la sorella minore (o maggiore?) Giulietta, ma per milioni di persone è stata la compagna fedele di anni felici. Una partner ideale, su cui si è sempre potuto contare. Ancora oggi è accessibile un po’ a tutti e nel suo cuore trova sempre posto per una famiglia di quattro persone e altrettante valigie. Dicono che quando voleva, negli anni Sessanta, sapeva divertirsi.
Fiat Samantha.Se pensate che a Quattroruote corriamo dietro solo alle auto facili, vi sbagliate. Samantha è nata a Torino da una famiglia della borghesia media, ma ha saputo conquistare un pubblico d’élite, con quella acca in mezzo e il tailleur da coupé tagliato per lei da Vignale, sull’autotelaio della Fiat 125. Svelata al Salone di Torino del 1967, nella sua unica serie rimasero impigliati un centinaio di cuori, soprattutto in Francia e Inghilterra.
Nissan Silvia.Più che un nome, è una stirpe pluridecennale, quella delle sport coupé (e raramente spider) giapponesi della serie S. Noi italiani siamo più abituati ad associarla alla 200SX, una abituata a far girare la testa e tutto il resto, sulla scalciata del Turbo 1.8 da 173 cv e la trazione posteriore. Silvia non ha mai conosciuto la parola limitatore e da noi monta di serie delle parti NISMO che in Giappone se le sognavano. O le compravano in optional. Chiamala geisha…
Volkswagen Corrado.E volevate che trascurassimo i maschietti? Corrado deriva dallo spagnolo “correr”, ma in Italia lasciò la clientela un po’ interdetta: come si sarebbe chiamato il seguito, Carmelo? A chiarire ogni dubbio ha pensato il design da coupé sportivo e il motore sovralimentato da 1.8 litri e 160 cv. Nel 1988, Corrado era la Volkswagen più veloce. Ogni tanto, bisogna saper trasgredire.
Ferrari Enzo.Ecco, su Enzo di dubbi non ce ne sono mai stati davvero. Nel mondo porta i cognomi più diversi, ma tutti si riferiscono al latin lover modenese che amava il rosso, la velocità e la vittoria. Enzo si concede pochissimo alla vista (gli esemplari sono solo 400, costruiti nel 2004), ma quando decide di uscire a sciogliersi i muscoli, regala un’esperienza di sesso vero, impossibile da dimenticare. E poi non è che chiunque potesse ordinarselo su misura: era lui a decidere chi avrebbe fatto felice. E lo faceva, eccome se lo faceva.