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Alfa 33 Giardinetta e Sportwagon, le familiari Alfa Romeo

L’Alfa 33 Giardinetta (successivamente Sport Wagon) a differenza della berlina, riuscì sin da subito ad affermarsi come una proposta distintiva, capace di coniugare stile, capacità di carico e un’ottima maneggevolezza.

Lanciata nel 1983, l’Alfa 33 era l’erede dell’Alfasud, che in servizio dal 1972 iniziava a risentire dell’età. Il progetto dell’Alfa 33 “Tipo 905” proponeva un’inedita linea due volumi e mezzo, opera del Centro Stile Alfa Romeo, che in quegli anni era diretto da Ermanno Cressoni. A differenza dell’Alfasud, i freni a disco anteriori non erano montati in blocco con il cambio, ma nella più comune posizione fuoribordo, sui mozzi delle ruote. Al posteriore i freni erano a tamburo, un ulteriore rinuncia dovuta al contenimento dei costi in un periodo di transizione: nel 1986 Alfa Romeo passò dalla gestione IRI a quella Fiat. Tuttavia l’Alfa 33 riuscì a imporsi per le sue qualità, a partire dallo stile innovativo confermato da un’aerodinamica molto accurata, il suo Cx era pari a 0,36. Alla berlina 5 porte seguì poco dopo la variante familiare, anche questa molto apprezzata.

Di buona famiglia.  Nel 1984 venne presentata la variante familiare indicata come Giardinetta e poi con una denominazione più anglofila: “Sport Wagon”, più vicina alle velleità di una clientela diversa da quella della berlina. La 33 Sportwagon era infatti un modello abbastanza apprezzato dalla piccola borghesia e dai giovani professionisti. L’indole ricercata della 33 Giardinetta era sottolineata dalla targhetta “disegno Pininfarina” applicata con orgoglio sul terzo montante. La Pininfarina andò infatti a riprogettare la parte posteriore: venne mantenuto il giro porte posteriori e a partire dal montante C creato il volume posteriore, previo un leggero allungamento dello sbalzo posteriore per ottimizzare lo spazio di carico e le linee generali della vettura.  

Finiture di pregio. Al lancio la vocazione “chic” della 33 Giardinetta era sottolineata da un allestimento che ricalcava quello della berlina 1.5 Quadrifoglio Oro, spinta da 1,5 da 85 CV. Il modello si distingueva per la griglia argentata, la verniciatura metallizzata bicolore che con un nastro marrone separava le due parti della carrozzeria, con la zona inferiore e i paraurti marrone scuro. Le lenti degli indicatori di direzione anteriori erano chiari (in luogo di quelle arancioni) mentre l’interno era in similpelle beige “Texalfa”, il volante e pomello del cambio legno. L’equipaggiamento includeva poi vetri con colorazione bronzo, tergifari, specchietto retrovisore lato passeggero e il computer di bordo.

Settimana bianca! Al Salone di Francoforte del 1983 venne presentata l’Alfa 33 1.5 4×4, il modello venne messo in vendita poco dopo, nel mese di dicembre: giusto in tempo per la settimana bianca…  Assemblata dalla Pininfarina a Grugliasco (To) prevedeva una trazione integrale inseribile manualmente, tramite una levetta posta davanti al cambio. La 4×4 era una variante di prestigio: la verniciatura era bicolore, in questo caso rosso metallizzato o argento, con la parte inferiore nera separata da linee bianche “effetto gessato”, la calandra era in tinta con carrozzeria, mentre la dotazione ricalava quella della 33 Giardinetta e dlla berlina Quadrifoglio Oro. In breve tempo la 33 Giardinetta 4×4 iniziò a popolare le località sciistiche più rinomate: l’ottima maneggevolezza e un certo charme la rendevano una valida alternativa alle fuoristrada, più costose, assetate e ancora lontane dal comfort delle SUV odierne…

Anche a gasolio. Nell’autunno del 1986 un lieve lifting ha portato a un aggiornamento della gamma: le modifiche esterne si limitano all’adozione di lenti trasparenti anzichè ambrate per gli indicatori, nuovi copriruota e cerchi in lega, e una griglia anteriore ridisegnata e vengono eliminate le tinte bicolore. Se all’esterno le modifiche sono di dettaglio, l’interno venne rivisto profondamente a partire dal cruscotto e dal volante con un design più convenzionale, che sostituiva l’innovativo cluster mobile della strumentazione. In quest’occasione venne venne montato il motore da 105 CV della 33 1.5 Quadrifoglio Verde, uscita di produzione. Per alcuni mercati era disponibile anche una variante turbodiesel 1,8 TD. Come tutti i diesel montati sulle autovetture Alfa Romeo dell’epoca, era fornito dalla VM Motori.  Per poter essere inserito nel vano motore della 33, progettato per accogliere motori boxer particolarmente compatti, si dovette scegliere una configurazione a tre cilindri in linea con albero di bilanciamento per compensare le vibrazioni. Questo motore dalla cilindrata di 1.779  era dotato di un turbocompressore KKK (senza intercooler) che consentiva di raggiungere una potenza di 73 CV.  

Ultimi fuochi. Nel 1988 vennero apportati gli ultimi aggiornamenti prima dell’importante restyling nel 1990. La Giardinetta venne ribattezzata “Sport Wagon”, mentre in estate venne presentata anche la prima motorizzazione benzina a iniezione, che equipaggiava la 33 1.7 IE. L’unità era la stessa della 1.7 Quadrifoglio Verde, dotata in questo caso di iniezione elettronica Bosch 3.1 LE Jetronic con accensione elettronica. L’Alfa Romeo 33 1.7 IE sviluppava 108 CV ed era riconoscibile per le minigonne laterali, i paraurti verniciati in grigio ardesia e la tappezzeria in velluto. Intanto su tutta la gamma, a partire dalla 1.3 S (86 Cv) vennero aggiornati i rivestimenti e alcune finiture esterne, in generale l’offerta venne rese più ampia, rendendo la 33 Sport Wagon meno lussuosa della Giardinetta.

Grandi novità.
Alla fine del 1989, debuttava la 2a serie o “Nuova” 33 (tipo 907), commercializzata dal gennaio 1990. L’interno venne rivisto, tutti i motori erano a iniezione, mentre il 1,7 litri venne potenziato con una versione a 16 valvole da 137 CV. La nuova 33 era subito riconoscibile  per il “family familing” Alfa introdotto dall’ammiraglia 164. Una nuova variante a quattro ruote motrici venne denominata Permanent 4, salvo essere rinominata semplicemente “Q4” a partire dal 1992.  Con la seconda serie vennero risolti anche i problemi di arrugginimento precoce che affliggeva i modelli precedenti: nella produzione delle nuove Alfa 33 vennero introdotte le scocche zincate esattamente come sull’ammiraglia 164.


La versione ibrida.
Sulla base dell’Alfa 33 1.5 Sport Wagon  Alfa Romeo iniziò la sperimentazione delle motorizzazioni ibride. Il motore standard 1.5 boxer venne abbinato a un motore elettrico asincrono trifase da 16 CV,  accoppiato al cambio tramite una cinghia dentata. Questo permetteva alla vettura di muoversi solo con il motore elettrico, solo benzina o con entrambi. L’auto poteva percorrere 5 km con il solo motore elettrico, a velocità fino a 60 km/h. Le modifiche alla carrozzeria erano impercettibili, mentre l’aggravio di peso dell’auto era nell’ordine dei 150 kg (110 batterie, 20 per il motore e 10 per l’elettronica). Ne furono costruite 3 poi il progetto venne abbandonato.

Un modello di successo.
L’Alfa 33 veniva assemblata a Pomigliano d’Arco e fu un grandissimo successo commerciale: tra il 1983 e il 1995 totalizzò quasi un milione di esemplari, il che ne fece la seconda vettura più venduta in assoluto nella storia dell’Alfa Romeo dopo l’Alfasud (prodotta in oltre un milione di esemplari prodotti). La 33 in tutte le sue varianti si fece apprezzare per la maneggevolezza e la prontezza dei motori boxer, che come da tradizione si rivelarono grintosi a partire dalle versioni di ingresso. La 33 Sport Wagon o l’ormai rara “Giardinetta” può essere una scelta interessante per chi un’auto spaziosa, piacevole da guidare. Le varianti a trazione integrale sono delle mosche bianche, ma potrebbe valer la pena cercarne una…  

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