Ecco i dieci pezzi che ci hanno colpito di più a Baselworld, la rassegna mondiale dedicata agli orologi da collezione da poco conclusasi a Basilea.
Si potrebbe dire che uno dei momenti salienti dell’edizione 2019 di Baselworld, il Salone Mondiale dell’Orologeria di Basilea (21/26 marzo), è stato quello della chiusura. Al di là dell’apparente contraddizione nei termini e delle presentazioni di prodotto, l’importanza di questo storico evento di settore è stata infatti quest’anno soprattutto politica, visto che il sistema espositivo dell’industria del tempo si trova a un incrocio di molte strade.
Aspettando tempi migliori. Michel Loris Melikoff, Consigliere Delegato di Baselworld, alla conferenza stampa di chiusura, ha ammesso lo stato di crisi per quanto riguarda le presenze e le strategie. Ma ha anche dichiarato di voler considerare il 2019 come “anno di transizione” e il 2020 come il momento in cui “Baselworld diventerà luogo di rinnovamento, una piattaforma d’esperienze che possa andare oltre il concetto del tradizionale salone espositivo”, così da poter offrire informazioni e servizi al passo con un mondo in veloce trasformazione. Come dire, si volta pagina.
Periodo di transizione. Innanzitutto, per quanto riguarda le date, già preannunciate e spostate in avanti rispetto alla consuetudine (30 aprile/5 maggio 2020), ma anche per l’inaspettata concomitanza con l’altro prestigioso evento svizzero, il Salone dell’Alta Orologeria di Ginevra, che si svolge solitamente a gennaio. Un avvicinamento delle date che è già di per se stesso un importante cambiamento. L’altro riguarda la continua diaspora dei marchi, uno stato di fatto che interessa anche altri settori (quello dell’automobile, per fare l’esempio più eclatante) e che dichiara quindi un problema riguardante il sistema espositivo nell’era di Internet e della globalizzazione, generale e non strettamente limitato al mondo delle lancette.
Offerta illimitata. Il quale però, essendo tradizionalmente molto corporativo, ne risente in maniera particolare. Ad agitare ulteriormente le acque, c’è stata la repentina uscita da Basilea dell’intero Swatch Group, la più alta concentrazione di marche dell’orologeria svizzera (da Breguet a Tissot, passando per Omega, Rado e Longines, tanto per fare qualche nome), che ha scelto di organizzarsi in proprio in quel di Zurigo. Comunque sia, Baselworld rimane ancora l’evento con la più ampia diversificazione dell’offerta di settore, a cominciare dalla presenza di colossi dell’orologeria elvetica come Rolex e Patek Philippe che, tra le altre novità, hanno rispettivamente presentato un nuovo Oyster Perpetual Yacht-Master, con cassa in oro bianco dal diametro di 42 millimetri e cinturino in Oysterflex e un originale Aquanaut sempre in oro bianco, con quadrante (scanalato) e cinturino (in materiale composito) di colore verde.
Alta orologeria. Ci sono poi gruppi del lusso come LVMH, al cui interno si sono viste interessanti rielaborazioni di modelli del passato, come l’Autavia di TAG Heuer, con movimento automatico e spirale Isograph e la collezione Serpenti Seduttori di Bulgari, con cassa e bracciale in oro rosa. A Baselworld c’è poi la massiccia presenza del Made in Japan, che occupa una buona parte del secondo piano con i marchi Seiko, Grand Seiko (il modello di punta è lo Spring Drive 20° Anniversario), Citizen (giusta l’insistenza sul movimento ibrido Eco-Drive), Casio e G-Shock (la novità e siglata MR-G ed è a ricarica solare). Non mancano marchi indipendenti come Breitling (si fa notare anche per un cronografo dedicato alle motociclette Norton), quelli provenienti dal mondo della moda come Gucci (il suo Grip ha indicazioni digitali) e Chanel (inedito il Première Velours, con cassa in oro giallo, quadrante con diamanti e cinturino in caucciù effetto velluto), senza contare le molte realtà sperimentali e di nicchia.