Il 18 febbraio di 123 anni fa (o era il 20?) fu dato alla luce Enzo Ferrari, l’italiano che più di altri ha influenzato la storia dell’automobile senza muoversi dalla sua Modena. Il sogno rosso di velocità e di vittorie è destinato a restare ineguagliato. Auguri, Drake!
Errore burocratico, ritardo nella registrazione al Comune di Modena, o semplice vezzo da primadonna? La data di nascita precisa di Enzo Anselmo Giuseppe Maria Ferrari è ancora materiale buono per un’inchiesta. I documenti ufficiali dell’Anagrafe di Modena – e di conseguenza diverse fonti – certificano il 20 febbraio 1898. Il diretto interessato ha sempre sostenuto di essere nato nella notte del 18. Tant’è che, fino alla sua morte nel 1965, la madre Adalgisa gli ha sempre fatto gli auguri proprio quel giorno. Per tutti, sempre e comunque, Enzo. Il modenese di ferro che, parole sue, “sono solo uno che ha sognato di essere Ferrari”. Gli altri tre nomi riportati hanno sempre galleggiato in una nebbiolina d’incertezza. Per curiosità, se non altro: Anselmo in onore del padrino, il signor Chiarli; Giuseppe e Maria, secondo l’uso di quell’epoca di porre il gracile neonato (ogni parto era a rischio) sotto la protezione della Sacra famiglia. Le schede biografiche e i video indugiano volentieri sulla grande casa in mattoni, indirizzo Villa Caterina 136, in cui ebbe la luce. A volte è un trucco per stabilire visualmente la distanza fra l’elementare architettura della dimora rurale e quella, straordinariamente complessa, dei V12 da Formula 1 delle Ferrari. È più importante ciò che si faceva, sotto quel tetto. Adiacente l’abitazione, il padre Alfredo vi aveva installato la sua carpenteria metallica. La Costruzioni Meccaniche Alfredo Ferrari aveva accolto il neonato in condizioni di decoro borghese. E, ciò che più conta, il piccolo Enzo era nato nella bellezza della meccanica. E di quell’ecosistema si sarebbe sempre nutrito.
Una vita difficile. L’uomo Ferrari era complicato come le sue macchine. Difficile, imprevedibile – e potremmo impiegare l’intera lunghezza dell’articolo allinenando aggettivi qualificativi, ma non necessariamente qualificanti. È stato un gigante dell’Italia nel mondo, ha sempre ornato di tricolore le sue rosse, anche nei momenti in cui il Paese è stato considerato più piccolo della sua fama. Nell’introduzione alla monumentale – quindi degna - biografia “Ferrari Rex”, l’autore Luca Dal Monte scrive che il suo mondo era tutto all’interno della sua azienda. “Il suo nome era pronunciato con ammirazione e rispetto in tutto il mondo, eppure non passava giorno che la moglie non lo maledicesse. La donna che lo amò per tutta la vita non riuscì mai a sposarlo. Il figlio che adorava era morto a 24 nni lasciandogli unvuoto che non sarebbe mai riuscito a colmare. Il secondogenito visse una vita separata e semiclandestina fino a vent’anni…”. Difficile individuare la verità di un superuomo così energico e complesso, sotto le lenti scure che hanno posto una barriera fra sé e gli altri fin dagli anni Sessanta.
Ingegnere ad honorem. Enzo Ferrari ha dimostrato che Costruttori di successo si nasce. Anche senza avere studi d’ingegneria, o di amministrazione aziendale alle spalle. Strada facendo s’imparano tante cose, dalle sue “gioie terribili” alle tragedie, come quella di Fons De Portago, che pose fine alla 1000 Miglia. I se, i ma, i condizionali legati alla sua transizione terrena sono infiniti. Una delle certezze fu la competizione serva del trionfo. E l’individualismo assoluto, inviolabile alla condivisione delle vittorie come delle sconfitte, secondo il precetto paterno sul numero dei soci della sua società: sempre dispari, possibilmente inferiore a tre. Se c’è un breve minuto per cui un cultore del Cavallino darebbe un mese intero (un anno, forse) della sua vita, non è quello del 17 giugno 1923, la prima vittoria del pilota Ferrari sul circuito del Savio, su Alfa Romeo Targa Florio. Forse nemmeno le ore spasmodiche nelle quali il Commendatore negò tutto se stesso e ciò che aveva creato al gigante Ford. C’erano i testimoni, sono state rese. Ecco, se c’è un giorno in cui lo si avrebbe voluto trovare proprio accanto, è il 6 settembre 1908. Quella domenica, il padre Alfredo decise di portarlo a vedere la sua prima corsa di automobili. Sarebbe bello vedere i suoi occhi dilatati dalla meraviglia, l’espressione stupita del viso, il senso di eccitazione davanti a quei motori impolverati e arroventati dal calore. Fu quel giorno che il piccolo Enzo cominciò a sognare di essere Ferrari. La sua vera data di nascita, la ricorrenza da festeggiare. E sempre auguri.