Ufficializzata la presentazione di un secondo bando per reperire un nuovo direttore, che prenderà il posto di Rodolfo Gaffino Rossi, che ha guidato la struttura per diciotto anni. C’è tempo fino al 4 dicembre per candidarsi.
È dal 2016 che si parla dell’avvicendamento di Rodolfo Gaffino Rossi, attuale direttore del Museo Nazionale dell’Automobile. Carrierone Fiat alle spalle, ultimato al reparto “vetture speciali” che rispondeva – tra l’altro – ai desideri dell’avvocato Agnelli, Gaffino ha retto il timone del Mauto per diciotto anni. Un tempo cruciale per il rinnovamento dell’Istituzione, che ha portato risultati sorprendenti. Ma anche il più inossidabile dei manager, varcati tutti i limiti dell’età pensionabile, ambisce, a un certo punto, a dedicarsi a un hobby. Nel caso specifico, la pittura. Così, sugli organi ufficiali, prima dell’estate è apparso il primo bando, che ha portato una sessantina di candidati ma nessuna decisione. Probabilmente si chiedeva troppo: grande esperienza manageriale in ambiti affini, profonda cultura dell’auto, spiccata propensione alla comunicazione e al new business. Si offriva in cambio un tempo risicato (tre anni di contratto), non molti soldi (90.000 euro lordi) e l’auspicio (non scritto, ma confidato) di trovare un aspirante giovane. I primi due fattori sono stati, probabilmente, un ostacolo a candidature di persone “under 50” e di sicuro valore, in quanto ancora in piena carriera aziendale e meno propense a “parcheggiarsi” in un Museo, sia pur splendido.
Oggi si riprova con un nuovo bando: tempo fino al 4 dicembre per inviare il curriculum, il contratto portato a 3+2 anni e poche altre novità. È questo, in sintesi, ciò che hanno detto ieri il presidente Benedetto Camerana e il direttore generale uscente in una lunga chiacchierata con la stampa, dedicata al futuro del Mauto. Ma è stato anche spiegato che cosa è stato fatto, negli ultimi dieci anni, per trasformare – come ha scritto il New York Times qualche settimana fa – una bella collezione di auto antiche nell’ “archetipo del museo moderno delle quattro ruote”.
C’è chi pensa che l’erede di Gaffino dovrebbe essere… un altro Gaffino, magari con vent’anni di meno. Ma nel cilindro poco magico della Praxi, che gestisce il bando, ci si accontenterebbe di scovare qualche ex designer, ex direttore di giornale, ex uomo immagine (ma non “in famiglia”). “Ah – sospira qualcuno – se De Silva non fosse volato a Barcellona! Il museo e la scuola Italdesign, per i quali era venuto, almeno ufficialmente, da due anni fa da Ingolstadt, sono evaporati nel ‘buco’ Volkswagen. Ma oggi, al Mauto, sarebbe stato perfetto!”. Altri favoleggiano di un figlio d’arte, nuova generazione di collezionisti. “La grinta ci sarebbe, ma la decennale esperienza? E altri ex-uomini d’oro, un po’ parcheggiati? Ma c’è già l’Heritage!” E poi, lo stipendio, qui non basta. “E quell’indimenticabile direttore di Autosprint? Ma se è più vecchio di Gaffino!”.
Un vice di talento, cresciuto all’interno, purtroppo non c’è. Si era provato, qualche anno fa, ma il rampollo poi è scappato a Milano. La verità è che dirigere un museo da 240 mila visitatori l’anno, con uno staff numeroso (soprattutto esterno) e 22 mila metri quadri di gallerie multimediali, non è uno scherzo. E il mondo dell’auto, anche se, dopo la rivoluzione di François Confino, il museo di Torino lo ha – giustamente – reso “pop”, è ancora un mondo di perfezionisti. Se si vuol andare avanti alla scuola di Gaffino bisogna sapere di cosa si sta parlando. Amare la storia dell’automobile e saperla comunicare. Conoscere da vicino (o saper avvicinare molto bene) i partner dei tanti progetti possibili. Nazionali e internazionali. E poi farsi carico di tutto il fardello amministrativo. Capacità, verrebbe da dire, da navigati timonieri. Ma aspettiamo i nuovi candidati. Pare ce ne siano, per ora, una trentina di inediti. Una manciata pure dall’estero.
L’incontro al Mauto, è stato anche un momento di omaggio alla direzione uscente (Gaffino lascerà in gennaio) per i risultati raggiunti e l’oculata ristrutturazione da 33 milioni di euro conclusa nel 2011. Gallerie permanenti ispirate dal genio di François Confino, ma anche le continue mostre temporanee realizzate (“Martini Racing”, “Le auto dell’Avvocato”, “100 anni di Bertone”, “90 Anni di Touring Superleggera“, “Giorgetto Giugiaro“) e quelle che verranno (è ufficiosa, in autunno 2018, una grande monografica su Marcello Gandini).
In chiusura si sono festeggiati due successi internazionali del Museo (che tra l’altro è visitato per due terzi da stranieri, cosa indicativa del tanto che resta da fare con il pubblico italiano e milanese, ormai a 40 minuti di treno). La prima menzione è stata per la Londra-Brighton 2017. Il Mauto, come noto, ha partecipato con una Peugeot Typ 3 del 1892. E si è portato via i due premi più ambiti. Il secondo traguardo è quello della collaborazione con i grandi musei d’Europa,utile soprattutto per coprodurre mostre, parti di allestimenti e documentazione. Da Torino sono partite per Bruxelles tre vetture (Fiat 520, Cisitalia 202 MM e OM 469 N ) che andranno a raggiungere quelle dei musei Schlumpf, Louwman, National-Beaulieu e Autoworld, alla rassegna belga Interclassics.
Giosuè Boetto Cohen