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[Video] Lancia Trevi, la Bimotore di Giorgio Pianta

Due motori sono meglio di uno? È quello che si chiese, negli anni 80, Giorgio Pianta, che per trovare una risposta progettò e costruì la Lancia Trevi Bimotore.

“Du gust is megl che uan”, due gusti sono meglio di uno. A dirlo con una faccia un po’ da schiaffi, in un simpatico spot televisivo Motta di metà anni 90, è un giovane e scanzonato Stefano Accorsi che, gelato Maxibon alla mano, fa una scommessa con un amico mettendo in atto un’improbabile strategia di abbordaggio in spiaggia. L’obiettivo, due belle turiste apparentemente straniere che invece, ahilui, risulteranno italianissime…

La meccanica della seduzione. Se il giovane Accorsi alludeva evidentemente al binomio goloso “biscotto da un lato e cioccolato dall’altro” (e, ancor più evidentemente, a quello bionda-rossa riferito alle ragazze appoggiate al bancone), l’accoppiata che ha fatto (e fa) un gran parlare di sé l’auto che vi raccontiamo in questo articolo è di tutt’altra natura. Meccanica, ovviamente, e nella più squisita tradizione Lancia, con lo zampino (il pungiglione) dell’Abarth e la firma di un pilota e collaudatore di prim’ordine qual è Giorgio Pianta.  

Il futuro dice “quattro”. Prim’ancora che la brillante carriera sportiva della Lancia 037 nel mondiale rally stia per volgere al termine, ai tecnici torinesi appare evidente come la sua sostituta dovrà necessariamente essere un’auto a quattro ruote motrici: impietoso nelle corse su strada, specie sui fondi più impervi, il divario tra la trazione posteriore e quella integrale, sdoganata con successo a inizio anni 80 dall’Audi con il modello “quattro”.

Non c’è un secondo da perdere. Il primo uomo della squadra corse Abarth a fare esperimenti in questa direzione è Giorgio Pianta, pilota eclettico, fine collaudatore all’epoca team manager del reparto sportivo. Pianta deve mettere a punto  il nuovo schema meccanico nel migliore dei modi e nel minor tempo possibile, perché nel frattempo un altro grande Costruttore, la Peugeot, ha presentato l’arma a trazione integrale con cui intende sbaragliare la concorrenza nell’agguerrito Gruppo B: la 205 Turbo 16.   

Via quel divano là dietro! Dopo un mese di duro lavoro, ecco il risultato. È un prototipo bizzarro, una Lancia Trevi dotata di due motori. Quello che, all’apparenza, potrebbe sembrare un modo originale per fuggire dalla “piattezza” che caratterizzava la berlina di serie, in realtà è un geniale escamotage per avere la trazione sulle quattro ruote. Rimosso il divano posteriore, Pianta fissa alla scocca un telaio su cui installare un secondo motore, identico al due litri Volumex collocato davanti.     

Sportiva ma non troppo. In parole povere tutto l’avantreno, quindi motore, cambio e sospensioni, è duplicato al retrotreno. Le portiere posteriori vengono saldate e su di esse ricavate ampie prese d’aria, indispensabili per il raffreddamento del motore supplementare. Anche il deflettore sul montate posteriore viene aperto per fornire aria all’aspirazione. Malgrado la livrea rossa e la fascia gialla e blu (i colori di Torino) richiamino l’amaranto Montebello delle gloriose Fulvia HF, la Trevi Bimotore non ha alcuna vocazione sportiva e si accontenterà – si fa per dire – di ricoprire esclusivamente il ruolo di vettura-laboratorio.

Com’è fatta? È interessante notare come i due motori non abbiano alcun accoppiamento meccanico di sorta: sono infatti soltanto i due cambi a essere collegati, in modo da essere comandati da una sola leva, con un solo pedale che agisce sulle frizioni. I due comandi dell’acceleratore sono gestiti invece da un rudimentale ma efficace sistema elettronico, cui spetta decidere il ritardo con cui fornire potenza al retrotreno: è così che Pianta prova a ridurre il sovrasterzo e rendere l’auto più veloce in uscita dalle curve.

Scalda un po’ troppo. Due anche i contagiri sul cruscotto, il secondo al posto del tachimetro, con due strumenti centrali separati che indicano la temperatura dell’acqua e la pressione dell’olio di ciascun motore. La plancia cosiddetta “lunare” è quella solita, opera del designer Mario Bellini: solo qualche spia aggiuntiva la distingue da quella di serie. La vettura si dimostra molto veloce ed efficace, ma pagherà lo scotto del sovrappeso dovuto alla meccanica doppia e di alcuni problemi di surriscaldamento del motore posteriore.

Tutta esperienza. Per queste ragioni, l’ardita soluzione di Giorgio Pianta non atterrerà mai sulla Delta S4 da rally (che raccoglierà il testimone della 037) anche se, a ben vedere, qualche punto di contatto c’è. A partire dalla collocazione del motore, al centro, che sulla versione stradale è chiuso in un vano rivestito di moquette, proprio come sulla Trevi Bimotore. Ma non è tutto: anche i cerchi scomponibili sono gli stessi, perché proprio sulla Trevi Bimotore furono fatti i primi collaudi degli pneumatici speciali che la Pirelli stava progettando per la nuova Lancia da rally.

 

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