Mazda MX-5: non si diventa leggenda per caso - Ruoteclassiche
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10/04/2024 | di Andrea Paoletti
Mazda MX-5: non si diventa leggenda per caso
La rinascita delle spider è merito esclusivo della giapponese, che ha battuto ogni record, entrando nella ristretta cerchia delle auto iconiche
10/04/2024 | di Andrea Paoletti

Impossibile dire qualcosa di nuovo, o che non si sia mai sentito sulla spider più venduta al mondo. La Mazda MX-5, la piccola sportiva che ha ribaltato come un calzino il sonnacchioso mercato automobilistico di fine anni 80 e che, tuttora sopravvive, arrivata alla quarta generazione, senza aver rinnegato un grammo della sua personalità.

Altro che nicchia. Ripercorrerne la storia significa diventare testimoni di un’avventura tecnica, stilistica e commerciale che ha fatto scuola, nata dal suggerimento di un giornalista, Bob Hall, ai dirigenti della Mazda: perché non produrre una compatta sportiva, sullo stile delle roadster inglesi degli anni 50 e 60? Un raro caso in cui una scintilla diventò un fuoco, propagatosi ben oltre le aspettative della Casa di Hiroshima, se si pensa che l’obiettivo era di venderne 500-600 al mese e che invece, a partire dal 1989, dopo il battesimo al Salone di Chicago, la prima serie - denominata NA - totalizzò oltre 400.000 esemplari. Un successo travolgente: Miata negli Stati Uniti, Eunos Roadster in Giappone e MX-5 in Europa: in Italia arrivò nel 1990 e, complice il contingentamento delle vetture giapponesi, si scatenò immediatamente un mercato d’importazione parallela dagli States.

Riproporre il sogno. La MX-5 in realtà non aveva inventato nulla di nuovo, ma, coraggiosamente aveva riproposto in chiave moderna gli elementi che avevano decretato il successo delle biposto scoperte sportive di cui erano stati maestri i britannici e anche gli italiani. La spider nipponica non si fece scrupoli ad attingere a piene mani dalla Lotus Elan per la linea, disegnata da Tom Matano, padre anche dall’ultima generazione della RX-7 e, se si apre il cofano, l’1.6 bialbero a 16 valvole da 115 CV sembra proprio quello di un’Alfa Romeo. Leggera (980 kg), piccola (meno di quattro metri) e soprattutto agile, grazie alla perfetta ripartizione delle masse sui due assi, alle sospensioni a doppio braccio oscillante e alla trazione posteriore, che resero la jap una fonte di divertimento inesauribile tra le curve. Il piacere di guida divenne da subito il tratto distintivo della MX-5, facendo rapidamente dimenticare lo 0-100 in circa 9 secondi che non la qualificava di certo come “brucia-semafori”, mentre la velocità massima di 190 km/h era invece più che adeguata. Nel 1994 arrivò un 1.8 da 131 cavalli e l’1.6 venne depotenziato a 90 CV, per abbassare i prezzi e difendersi dalla concorrenza. Nel 1998 sbarcò la seconda generazione (NB), che perse gli iconici fari a scomparsa, beneficiando però di un irrigidimento al telaio e di un nuovo 1.8 VVT da 147 cavalli.

Auto da Guinness. La MX-5 continuò la sua cavalcata, iscrivendo il suo nome nel libro dei Guinness World Record nel maggio 2000: con 531.890 esemplari prodotti, diventò infatti la due posti sportiva più venduta al mondo e la quota - incredibile per la tipologia di auto - di un milione venne ufficialmente superata il 22 aprile 2016. Nel frattempo, ci furono altre due generazioni, la NC lanciata nel 2005, più grossa e potente, e la ND nel 2015, che ritornò invece alle origini, con peso e dimensioni modellati più sulla NA. La prima mitica MX-5 è ormai una storica affermata, con prezzi triplicati negli ultimi anni: difficile trovare un esemplare in buone condizioni a meno di 9.000-10.000 euro (13.500 per una vettura pari al nuovo), e pure le rare “NB” 1.8 Sport e Challenge sono diventate ambite dai collezionisti. Non poteva andare diversamente, per un’auto diventata leggenda

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