Esattamente 135 anni fa, il 29 gennaio 1886 veniva fondata la "Daimler Motoren Gesellschaft", la società che nel 1926, fondendosi con la "Benz & Cie." dette vita ad uno dei brand più famosi al mondo: Mercedes-Benz. In occasione dei 90 anni dalla sua fondazione, alla fine del gennaio 1976, la casa di Stoccarda presentava la berlina W 123, l’indistruttibile "saloon" che anticipava la Classe E combinando la classica eleganza Made in Stuttgart con la qualità costruttiva e la sicurezza.
Ci sono stelle destinate a non cadere mai. A brillare nel firmamento automobilistico anche per milioni di chilometri, prima di essere accolte e apprezzate nella galassia dell’auto d’epoca. Una di queste è senz’altro la Mercedes-Benz W 123, una tonnellata e mezzo di acciaio, imponenza e tecnologia tedesca a prova di bomba. La nuova berlina della classe intermedia fu presentata alla stampa specializzata alla fine del gennaio 1976 al circuito Paul Ricard. La ricezione fu molto positiva da subito, sia per le innovazioni tecniche e di sicurezza introdotte, sia per il design neoclassico, augusto e rassicurante. La W 123 impressionò per cura costruttiva, funzionalità e varietà di motorizzazioni: alla presentazione erano già nove, distribuite su altrettanti modelli, dalla 200 D alla 280 E. La novità assoluta nella costellazione Mercedes era il sei cilindri 2.5 litri da 125 cv che spingeva la 250. Dal 1978 la gamma dei motori della futura classe E fu integrata da una new wave, con l’arrivo del cinque cilindri sovralimentato OM 617 da 125, destinato inizialmente alla sola 300 D Turbodiesel sul mercato tedesco. Alla presentazione del ’76, la W 123 era offerta solo in versione saloon, l’anno dopo arrivarono la Coupé C 123 e la S 123, conosciuta come T-model (per Turismo e Trasporto). Sempre nel 1977 fu aggiunta la versione Lang, a passo lungo (+63 cm), sigla V 123.
Un laboratorio d’innovazione. Già all’alba della sua progettazione, risalente al 1968, il diktat per la nuova berlina era sicurezza, comfort esemplare e facilità di manutenzione. Entro il 1973 fu definito lo styling, che portava diverse innovazioni non solo estetiche (muso più basso, linea filante, spigoli smussati, distribuzione armonica dei volumi), ma anche sotto il profilo della sicurezza attiva e passiva. Ne sono un esempio i quattro fanali anteriori, posizionati orizzontalmente anziché sovrapposti come da tradizione Mercedes. Fra le soluzioni tecniche ereditate dalla Classe S, le sospensioni anteriori a doppio braccio trasversale e zero radius. Il piantone di sicurezza del volante inventato da Béla Barényi nel 1963 fece il suo debutto proprio sulla W 123, che nell’82 vide l’introduzione, su una vettura di gamma medio-alta, del primo sistema Airbag come optional. La berlina diventò il laboratorio della Mercedes-Benz per introdurre, o sperimentare sistemi di propulsione alternativi. La lungimiranza fu dettata anche dalla seconda crisi petrolifera del 1979: se nell’81 era stata presentata una 200 bi-fuel alimentata a GPL e benzina, nei due anni successivi una coppia di 280 TE sperimentali fu dotata di motori a idrogeno ed elettrico hybrid plug-in.
Nata per durare anni luce. Le W 123 delle serie 200 e 300 erano macchinoni affidabili e robusti, di elevata qualità costruttiva. Nel descriverle, il solito giornalista americano con il gusto dell’iperbole scrisse che sembravano ricavate da un singolo blocco d’acciaio. Effettivamente, erano ancora Mercedes fabbricate con la robustezza e lo spessore che avevano costruito la reputazione della Casa. Basti pensare che il telaio e tutti i lamierati venivano sottoposti a intensi trattamenti antiruggine, allo scopo di rendere quasi eterno ogni esemplare. Il lotto del primo anno di produzione andò esaurito quasi subito dopo la presentazione alla stampa. La richiesta era tale, che nel 1976 le prima serie di seconda mano erano vendute al prezzo del nuovo. Tale fiducia fu ripagata: è stato calcolato che ancora nei primi anni Zero, quindi oltre 15 anni dopo l'uscita di produzione dell'ultima W 123, ne risultavano circolanti ancora quasi i tre quarti dell'intera produzione. Con numeri di per sé notevoli: La berlina fu costruita fino al novembre del 1985, dieci mesi dopo l’inizio dell’altrettanto felice Serie 124. La produzione della wagon, che negli anni aveva consolidato il suo successo soprattuto negli Stati Uniti, proseguì fino al gennaio del 1986. In tutto, quasi 2.7 milioni di esemplari costruiti, la maggior parte berline (2.357.440 unità), seguite dalle T 123 (119.517) e le Coupé (99.884). A queste vanno aggiunte le saloon passo lungo (13.700) e gli 8.373 autotelai rivenduti alle carrozzerie per gli esemplari "fuoriserie".
Chi la dura, la vince. Nonostante la tendenza a sfruttarle fino all’osso, senza tanti complimenti, la reperibilità di W 123 è ancora piuttosto elevata. Non è infrequente imbattersi in esemplari che hanno passato indenni il mezzo milione di chilometri, mentre i rullini di alcune hanno fatto il giro completo dello strumento passando il milione. Il record assoluto l’ha stabilito il taxi greco donato al Museo Mercedes di Stoccarda, con 4.600.000 chilometri sullo strumento! La 240 D del 1976 apparteneva al signor Gregorios Sachinides: l’aveva acquistata nell’81 con già mezzo milione di km sul groppone, per guidarla ogni giorno sulle strade di Thessaloniki. L'auto era arrivata persino a Belgrado, per consegnare medicinali durante la guerra nei Balcani degli anni Novanta. Sachinides aveva sostituito il motore tre volte, senza mai abbandonarla. La leggendaria “classe di ferro” della W 123 fu dettata anche dalla vittoria nel durissimo rally Londra-Sydney, grazie alla doppietta di due equipaggi a bordo di una coppia di 280 E praticamente di serie, rinforzate giusto nel telaio ed equipaggiate con ruote speciali.
Perché è giusto riscoprirle. Per una generazione di giovani italiani degli anni Settanta e Ottanta, la W 123 è stata la berlina del pater familias affermato. Non per nulla è l’auto che guida Alberto Sordi, mentre si avventura con Carlo Verdone nel film “In viaggio con papà”. Questa Mercedes è ancora un grande classico della tradizione tedesca, facile da guidare, comoda e silenziosa. Un'auto che richiede una cura attenta, ma non ossessiva. Ormai la Serie 123 si è lasciata alle spalle anche la nomea di macchina da giostraio, o da campo nomadi che le era stata affibbiata – d’altronde quale altra auto dell’epoca poteva trainare con disinvoltura un caravan, fare il giro del mondo e magari scampare a qualche colpo di mortaio? A riscoprirla è stata soprattutto la fascia di appassionati più giovani, complici le quotazioni accessibili, che vanno dalle poche centinaia di euro per la W 123 bisognosa di restauro completo, agli otto-diecimila euro (qualcosa di più per la coupé). Diverso il discorso delle serie T, rare in Italia, che ormai viaggiano stabilmente fra i 15 e i ventimila euro.