Fin dagli albori il marchio francese ha sempre avuto molto a cuore il tema della sicurezza, progettando soluzioni sempre più raffinate per incrementarla
Le poche vetture in circolazione durante i primi decenni del secolo scorso, in caso d'urto, non erano ancora in grado di garantire la corretta salvaguardia di conducente e passeggeri. Un tema molto caro ad André Citroën, impegnato fin dagli albori della propria carriera automobilistica nello studio di idee innovative da apportare ai propri modelli al fine d’incrementare tale aspetto. Una delle prime fu l’introduzione della costruzione “tutto acciaio”, nella prima metà degli anni ‘20, che garantiva una migliore rigidità dell’abitacolo delle vetture monoscocca costruite nel Vecchio Continente dal marchio francese.
Soluzioni innovative. Lo step successivo avvenne qualche anno più tardi, verso la metà degli anni Trenta, col debutto di un’auto moderna per l’epoca, la Traction Avant. Concepita fin dall’inizio per resistere agli urti frontali proteggendo i passeggeri, introduceva un’architettura nuova, priva di telaio rigido. Tale impostazione permetteva, alla parte frontale, di assorbire urti di piccola e media entità senza che le deformazioni raggiungessero l’abitacolo. Successivamente, un ulteriore passo in avanti arrivò con la DS: piantone di sicurezza, cruscotto collassabile più fragile delle parti del corpo umano che potevano venire in contatto con la plancia, nessuna centina sul tetto (imbottito) e maniglie di sicurezza all’interno. Non solo: la DS adottava anche efficaci freni a disco all’avantreno, comandati da un impianto che bilanciava automaticamente la forza frenante in funzione del carico.
Step by step. A quarant’anni dal debutto della Traction Avant, nel 1974, esordì la Citroën CX, un modello decisamente degno di nota per quel che riguardava l’evoluzione produttiva. L’auto era infatti dotata di due differenti telai: uno anteriore, che sosteneva il gruppo motore/sterzo/sospensioni, e uno posteriore, che ospitava il retrotreno e il serbatoio del carburante. I due telai erano uniti da due longheroni su cui poggiava la carrozzeria, interamente concepita per deformarsi in maniera programmata, proteggendo così i passeggeri e assorbendo la maggior parte dell’energia cinetica. Il tutto mantenendo un peso contenuto, a vantaggio di consumi contenuti e prestazioni soddisfacenti. La CX sfruttò inoltre il kow-how maturato dal progetto ESV (Experimental Safety Vehicle), pensato per incrementare pure la sicurezza passiva dei veicoli. Ne scaturì un esemplare dall’indubbia validità, capace di garantire un buon livello di sicurezza, i cui concetti di base furono estesi a tutta la futura gamma Citroën.