La Casa giapponese non si è distinta solo per le sue originali soluzioni tecniche. L’approccio alla verniciatura Takuminuri ha prodotto negli anni tinte vivaci e accostamenti azzeccati, riproposti anche nelle serie limitate del 100° Anniversario.
Il bianco così atonale e apparentemente anonimo della Cosmo Sport 110 S, sulla copertina di Ruoteclassiche di ottobre, ha una ragione ben precisa. Così come tutte le altre scelte cromatiche della Mazda. In particolare, il bianco della Cosmo è lo stesso dei missili e delle tute da astronauta delle missioni Apollo negli anni Sessanta. Un’associazione che accentua lo stile “space age” della gran turismo di Hiroshima. E non dimentichiamo che il bianco è il colore sportivo ufficiale del Giappone. Per questo fu la livrea della Cosmo, prima auto di serie con motore rotativo, impegnata nella terribile Marathon de la Route del 1968 al Nürburgring dove si classificò quarta al debutto assoluto, dopo 84 ore di corsa. E non si trattò certo di una… mosca bianca.
Mastri verniciatori. Sono storie interessanti, quelle dietro alle scelte cromatiche delle Mazda. Come nel caso della filosofia costruttiva Jinba-Ittai o del design Kodo, anche l’approccio aziendale alla verniciatura ha un nome ben preciso: Takuminuri. È una sintesi dei termini giapponesi Takumi (mastro artigiano) e Nuri, verniciatura. Oggi indica il frutto di decenni di esperienza con materiali e tecniche sulle tinte, già evidente nei modelli-chiave degli anni Sessanta, come la R360 del 1960. La kei-car sbancò il mercato domestico anche grazie alla scelta di bei colori pastello come verde menta, azzurro cielo e rosso vivace, che spiccavano sul bianco predominante di allora. Per quanto economica, la R360 fu offerta subito anche in verniciatura bicolore, con il tetto rosso bordò su carrozzeria bianca. Il technicolor ha il suo peso…
Ne hanno fatte di tutti i colori. Con l’espansione della gamma verso le berline medie, la Mazda fece subito brillare d’oro e d’argento metallizzati la Luce (1966-73) disegnata da Giorgetto Giugiaro. Quei colori simbolo di opulenza, allora molto di moda, la resero uno status symbol e accentuavano la linea sportiva e insieme elegante creata dallo stilista italiano. Gli anni Sessanta videro anche l’inizio dell’adozione della resina alchidica e di nuove camere di essicazione. Ciò permise verniciature resistenti e durature, riducendo la polvere e la perdita di lucentezza sulle superfici. Negli anni Settanta, Mazda fu pioniera della tecnica del rivestimento catodico per immersione, che aveva il vantaggio di ridurre la formazione della ruggine soprattutto nelle cavità della carrozzeria.
Una festa per gli occhi. L’arrivo della televisione a colori in Europa coincise con la prima serie di Mazda 323 del 1977, la hatchback che vantava colori intensi come il Muscat Green, l’Impulse Blue, il Grand Prix Red e il Sunbeam Silver Metallic. Il vivacissimo verde/arancio della 787B che corse alla 24 Ore della Sarthe nel ’91 fu ripresa anche nella serie limitata e commemorativa di MX-5 “Le Mans” del 2011. La filosofia Takuminuri ha portato in dote tinte brillanti come il giallo Sunracer’s Sunburst del 1995, lo Spirited Green della MX-5 Karai del 2011; e il Racing Orange della MX-5 30° Anniversario 2019, giusto per nominarne alcuni. L’abbinamento bicolore della R360 è stato ripreso nel 2020 per le serie speciali celebrative del 100° Anniversario, che sfoggiano la carozzeria bianca e gli interni bordò. Mentre un’edizione limitata delle MX-5 e MX-30 sfoggeranno la stessa livrea cromatica della prima microutilitaria, con il tetto in rosso vinaccia. I classici, si sa, non invecchiano.