Mexico e nuvole - Ruoteclassiche
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11/01/2021 | di Paolo Sormani
Mexico e nuvole
La Maserati Mexico venne presentata nel 1966 e rappresenta uno dei migliori esempi di granturismo all'italiana, ecco la sua storia.
11/01/2021 | di Paolo Sormani

La Maserati Mexico era una coupé dal cuore sportivo sportivo, ma vestita in doppiopetto. Fu sviluppata su un’elegante concept firmata Vignale e presentata ufficialmente al Salone di Parigi di 55 anni fa. Il suo nome esotico ha una storia curiosa.

Nell’epopea del “cuménda”, l’uomo di successo che volesse stringere i guanti da guida in capretto al volante di una Maserati poteva contare su un discreto ventaglio di scelte. Dalla prestigiosa berlina Quattroporte, alla coupé Sebring e la Mistral Spider. Per non dire della giovane famiglia delle 3500 GT-GTI e 5000 GT. Su quest’ultimo modello, la carrozzeria Vignale approntò un prototipo che apparve per la prima volta al Salone dell’automobile di Torino del 1965. Un successo: quando la costruite? A Modena non se lo fecero ripetere. Una volta rientrato in Maserati, tale prototipo fu venduto a un importante cliente messicano, Diaz Barroso. Il quale aveva acquistato nel ‘61 la 5000 GT Allemano del Presidente Adolfo López Mateos e, dopo un brutto incidente, l’aveva portata in via Ciro Menotti per la riparazione. Durante la sua visita, il señor scoprì il prototipo Vignale. Tanto insistette per comprarlo, che la carrozzeria fu trasferita sul telaio della sua 5000 GT, per facilitare le operazioni doganali al suo rientro in patria. Grazie a una felice congiunzione astrale, nel 1966 John Surtees vinse il GP del Messico al volante di una Cooper-Maserati T81. Era destino che la nuova Tipo AM112 finisse per essere battezzata con il nome così poco modenese di Mexico.

Una coupé per soli adulti. La versione definitiva apparve in anteprima il 6 agosto 1966 al 20° Concorso di eleganza di Rimini, prima di essere presentata ufficialmente al Salone di Parigi in ottobre. Lo stilista interno Virginio Vairo aveva rifinito il design elegante e senza fronzoli tratteggiato a Torino. Linee morbide e armoniose, padiglione luminoso. Sartoria vecchia scuola, forse troppo, a giudicare dalla coda ancora troppo sfuggente per una fastback. In ogni caso, la Mexico trovò rapidamente clientela. Era la terza Maserati dotata della versione stradale del motore da corsa derivato dalla 450 S. Il V8 bialbero da 4.7 litri sviluppava 290 cv e una velocità massima di 255 kmh; era accoppiato al cambio ZF manuale a 5 marce. In alternativa, per la felicità della clientela transatlantica, a un Borg-Warner automatico a 3 rapporti. Il telaio monoscocca in acciaio, con sottotelaio anteriore, era di derivazione della Quattroporte II, con interasse accorciato di 11 centimetri.

Spazzata via dalla Ghibli. Come si conviene, gli interni della Mexico erano un salotto all’italiana, di quelli buoni, ben abitabile e rifinito artigianalmente. Quattro sedili in pelle per altrettanti posti “veri”, cruscotto in legno, alzavetro elettrici e aria condizionata. Oltre al cambio automatico, al servosterzo e alla radio che erano disponibili in optional. La Mexico fu anche la prima Maserati di serie dotata di freni a disco Girling autoventilati e servoassistiti, su tutte e quattro le ruote Borrani 6.50 x 15”. Fino al 1971 ricevette pochi aggiornamenti. Nel ’69 fu proposta con il V8 della Quattroporte, dalla cilindrata ridotta a 4.136 cc, mentre alcuni esemplari furono equipaggiati a richiesta delle ruote in magnesio della favolosa Ghibli, di cui la Mexico fu sorella maggiore. Sull’autotelaio della 4.7 Frua realizzò tre fuoriserie già a partire dal 1966. Oltre alla concorrenza dell’Aston Martin DB6, nel giro di un paio d’anni la coupé per soli adulti subì la grinta della nouvelle vague GT. Schiacciata com’era fra due epoche e altre Maserati di maggior successo, quindi sostituita dalla Indy (altra bella prova di Vairo), la Mexico vendette giusto 485 esemplari, ma a una clientela “alta” e di larga fama che ha annoverato il campione del mondo di pugilato Nino Benvenuti, Moira Orfei e l’attrice Virna Lisi.

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