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Abarth ‘69, un anno da Scorpioni

Il ventesimo anniversario dalla fondazione fu vissuto intensamente da Karl Abarth e dalla sua azienda. Arrivarono i prototipi 1600 GT Coupé disegnato da Giugiaro, la magnifica 2000 Pininfarina Scorpione, oltre al prototipo della SE016 3000 Sport “Cuneo”.

Woodstock, lo sbarco sulla Luna, il primo vagito di Internet: che anno, il 1969. Anche a Torino ci misero del loro. Il 20° anniversario dalla nascita del marchio Abarth, ormai affermato nel campo delle preparazioni e delle corse, fu celebrato lavorando. Parecchio e di qualità, con una produzione che spaziò dalla coupé stradale alla concept spettacolare, oltre al prototipo della 3000S “Cuneo”. Era la conferma che ormai lo Scorpione si muoveva a tutto campo, anche fuori dall’orbita Fiat.

Abarth 1600 GT Coupé. Fu l’ultimo progetto automobilistico indipendente prima dell’assimilazione da parte della Fiat nel 1971. Il prototipo fu realizzato sulla 1600 nella formula coupé 2+2 da piccola serie. Era stato progettato per essere fattibile, senza gli eccessi supermodernisti del periodo. Per lo stile, Abarth si rivolse a Giorgetto Giugiaro, che rispose con uno dei rari prototipi della Italdesign non verniciati in argento metallizzato, il colore che secondo lo stesso stilista sottolinea meglio le caratteristiche formali delle linee di un’auto. Aperta parentesi: insieme con la Maserati nel’74 e il New York Taxi, fu l’unica eccezione alla regola per la quale tutti i prototipi della Italdesign uscissero in grigio. Esaurita la questione del colore, la 1600 GT materializzò con successo l’esigenza di Carlo Abarth di proporre un nuovo modello che non fosse derivato direttamente dalla produzione di serie Fiat, o di altri Costruttori. La piattaforma del prototipo era la Fiat Abarth Coupé con motore posteriore a sbalzo. Giugiaro dota il prototipo della coda tronca, di gran moda aerodinamica in quel periodo, con l’integrazione della presa d’aria nel montante posteriore. La 1600 GT era lunga appena 3.800 mm, larga 1.560 e alta 1.100 per 674 kg. Facile immaginarsi lo spunto, con i 145 cv del 4 cilindri 1.6 Fiat messo a punto dalla Abarth sotto il cofano. La velocità di punta fu dichiarata a 240 kmh. Il prototipo venne persentato al Salone di Torino del 1969 nello stand Abarth, quindi riproposto a Madrid nel ’73, ancora attuale. Oggi questa coupé sportiva armoniosa sarebbe sfoggiata con orgoglio in qualsiasi fine settimana. La vendita della Abarth alla Fiat l’ha condannata a brillare, statica, solo nella collezione della Italdesign.

Abarth 2000 Pininfarina Scorpione. Da Giugiaro a Pininfarina, fu un attimo. Era dalla fondazione del marchio che Abarth lavorava con la carrozzeria torinese, fin dai tempi della Cisitalia di Piero Dusio. Del progetto della 2000 Scorpione, sigla interna SE010, fu incaricato Filippo Sapino, autore nello stesso anno della Ferrari 512S Speciale. La concept Abarth 2000 ne condivideva una certa aria di famiglia, con il frontale schiacciato e il posteriore ancora più geometrico nel completarne la silhouette cuneiforme, clamorosamente sovvertita dal lungo scarico sporgente. Il muso sottile a punta di scalpello era reso inconfondibile dal gruppo ottico di sei fari, che potevano essere ruotati secondo esigenza. Una trovata che avrebbe fatto la felicità di qualsiasi pilota di rally! Fu Carlo Abarth a imporre la scelta del motore posteriore centrale, un Tipo 236 da 2 litri alimentato dal singolo carburatore Weber e gestito dal cambio a manuale a 5 marce. I 220 cv di potenza portavano la 2000 Scorpione alla rispettabile velocità massima di 270 kmh. Il peso piuma di 740 kg ne era un fattore fondamentale: la carrozzeria fu modellata in vetroresina intorno al telaio tubolare spaceframe. Le sospensioni erano a bracci longitudinali e molle elicoidali , ammortizzatori idraulici e barre antirollio. Dopo l’assimilazione della Abarth, la concept sparì dalla circolazione per riapparire al Concorso d’Eleganza di Villa d’Este nel 2014 dove ricreò la stessa eccitazione provocata 45 anni prima al Salone di Bruxelles.

Fiat Abarth 3000S. L’appellativo di “Cuneo” non era dovuto alla targa, che non c’era, ma alla silhouette da corsa. Il progetto interno SE016 era nato per ovviare alle bizze della 3000 Sport Spider, che aveva il radiatore montato sull’alettone posteriore e un’errata distribuzione dei pesi. Tutti fattori che contribuivano a una decisa propensione per il testacoda. Oltretutto il 1969 si era aperto con l’abbandono di Peter Schetty, appena nominato direttore sportivo dell’Abarth, che improvvisamente la lasciò per la Ferrari dove avrebbe corso il Campionato Europeo della Montagna. Schetty era l’unico a saper dominare le bizze della SE015, così si pensò a una versione più ortodossa della barchetta per correre nel Gruppo 6 Sport-prototipi. Il progetto fu affidato al direttore tecnico Mario Colucci, che montò centralmente il V8 bialbero Abarth tipo 245 da 2.968 cc, con bancate inclinate a 90°, accoppiato al cambio a 5 marce e trazione posteriore. Una discreta bestia da 345 cv e 290 kmh, alimentata da quattro Weber 48 IDA. Rispetto alla SE015, il passo era stato accorciato di 50 mm a 2.265, con il radiatore riportato nella posizione convenzionale. La 3000S restò prototipo, ma dopo quell’anno formidabile finì per tappezzare un numero indefinibile di metri quadri sulle pareti delle camerette e sulle pagine dei diari scolastici dei ragazzi.

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