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Cimento invernale: con la Spider aperta tra Pisa e Viterbo

Microclimi maremmani e itinerari non banali per tirare fuori dal box la nostra sportiva.  Giubbotto e sciarpa, zero traffico, buone strade e… conoscevate Tuscania?

Quante spider dormono in garage, da ottobre ad aprile inoltrato? Moltissime, almeno nel nord Italia, con la batteria staccata e i tergicristalli sollevati, mentre il proprietario passa ogni tanto a carezzarle e conta i giorni che mancano a primavera.
Ma studiando il clima e le carte del tempo – cosa desueta da quando la geografia è uscita dai programmi scolastici – non è difficile scoprire che anche nel settentrione della Penisola esistono dei microclimi anomali, delle bolle assolate che di invernale hanno solo il calendario. Sono aree tiepide e secche che tornano ogni anno tra fine dicembre e fine gennaio, sono ben note ai residenti e allietano il cammino del forestiero. 

L’equipaggiamento necessario. Dal cammino a un viaggetto in spider il passo è breve, e se tirando fuori la vostra Spider dal box vi verrà ancora qualche dubbio, ripetete ad alta voce “la fortuna aiuta gli audaci”.  Soprattutto quelli che hanno in valigia giubbotti caldi, sciarpe e berretti (abbigliamento quasi da moto). Il problema del bagaglio non è banale sulle spider, e se non salite anche voi su un’Alfa Romeo Spider 916 – dotata di un baule di tutto rispetto, gavoni e spazi dentro l’abitacolo – considerate l’evenienza di un portapacchi esterno. L’abbigliamento pesante non sta in una pochette.

Alla scoperta della Maremma. Il microclima che ci attrae, in questa tornata Slow-Drive, è quello della Maremma toscana e del Lazio, una striscia più o meno costiera che va da Piombino a Tarquinia. Ovviamente è un’infilata di luoghi meravigliosi.
Venendo da nord, c’è la tappa obbligata a Pisa, passando poi per Bolgheri e Castagneto Carducci. La citta della torre pendente non finisce di stupirci, con la sua piazza davvero miracolosa. Ma anche il centro medioevale, la Scuola Normale, i Lungarni e… le pappardelle al mucco pisano (provate quelle dell’osteria I Santi).
La pianura intorno e i colli dopo Bolgheri risentono dell’umida Versilia e ci vuole un po’ di coraggio a scoperchiare il tetto lungo i quattro chilometri del celebre rettilineo. I cipressi carducciani, secolari e in doppia fila, valgono però il cimento, così come la costa a nord di Piombino su cui andrete poi a passeggiare.

Tappe imperdibili. I nostri must, calcolando che abbiamo avuto otto giorni in tutto: Populonia in alto e in basso, un giretto intorno al golf di Punta Ala, una giornata a Orbetello con le lagune e le oasi naturali. Ma anche per rincontrare Italo Balbo e le mitiche crociere degli idrovolanti intorno al mondo. Un altro giorno, almeno, all’Argentario, facendo il giro da Porto Santo Stefano, la via panoramica fino a Le Cannelle. Lì termina la strada asfaltata e con vetture basse è meglio tornare indietro. Si riprende quindi dalla laguna sud, la più naturale, verso Porto Ercole e il sole che tramonta.

En plein air! Tutto questo è stato fatto con la vettura aperta, un maglione leggero in movimento e maniche di camicia nelle soste, con il termometro che è arrivato oltre i diciannove gradi e non è mai sceso sotto i dodici.
Lasciato l’Argentario si passa per la mondana Capalbio, carina ma non superba, rispetto ai borghi che arriveranno dopo. Qualche chilometro a sud c’è il Giardino dei Tarocchi, coloratissima serie di sculture contemporanee create da Niki de Saint Phalle per la tenuta dei Caracciolo. Scomparsi l’editore Carlo e il bravissimo Nicola (La grande storia), partita per sempre anche donna Marella, il “podere” è stato aperto (in piccola parte) al pubblico, con un’idea che riecheggia il genio di Gaudì.

Secondo atto. La seconda parte del viaggio lascia la maremma grossetana per le mete più celebri dell’alto Lazio: Viterbo, nel suo splendore medioevale di pietra grigia, merita più di mezza giornata e altrettanto Tarquinia, con il suo museo etrusco ammantato di tesori (sembra di riaprire il sussidiario!). La necropoli, dal canto suo, offre venti tombe dipinte agli occhi (e ai telefonini) del pubblico.
Fin qui i luoghi stranoti, quelli segnati con la casetta sulle vecchie guide del Touring Club. Ma Tuscania? Dove vogliamo mettere questa meraviglia, quasi sconosciuta ai settentrionali, che magari passano un’intera giornata a sgomitare  alle terme di Saturnia? Visitare per credere: il solo poggio della chiesa di San Pietro, fortificata e staccata dalla città, con le torri di guardia, l’architettura purissima, i pavimenti a mosaico e i sarcofagi etruschi di contorno, vale il viaggio.  Insieme a Tuscania, pernottamento d’obbligo a nella incredibile Pitigliano, soste più veloci a Sorano e Sovana.
Per chiudere il cerchio in direzione nord, nulla di meglio di una giornata tra Cortona e Arezzo. Ma queste sono banalità e, passato l’Appennino, la capote dovrete proprio richiuderla. 

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