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03/01/2019 | di Redazione Ruoteclassiche
Una Daf 44 rossa si racconta (e racconta Milano)
Questa Daf 44 è stata testimone, da un parcheggio di via Fara, dell'evoluzione e del cambiamento di Milano. Di lei resta un diario di bordo
03/01/2019 | di Redazione Ruoteclassiche

Nata in Olanda, cresciuta e invecchiata a Milano, questa Daf 44 è stata testimone, da un parcheggio di via Fara, dell'evoluzione e del cambiamento della città. Oggi a raccontare la sua storia restano qualche pezzo di ricambio e un dettagliatissimo diario di bordo...

Milano, via Fara, 44. Che non è un indirizzo, ma una storia. Che ha inizio in una Milano di 48 anni fa, nell’estate del 1971, una Milano completamente diversa da oggi.

Utilitaria in rosso. Il signor Giuseppe in quella torrida estate andò a ritirare la sua nuova auto. La scelse di un rosso fiammante e la immatricolarono con la targa MI seguita dalla lettera N. Erano anni in cui le automobili sfoggiavano livree molto allegre, niente a che vedere con il grigio di mille sfumature di quelle odierne. Scelse un modello già particolare ai tempi, una simpatica Daf 44 berlina. Il perché preferì proprio quella macchina non ci è dato saperlo. Forse perché un’utilitaria con il cambio a variazione continua Variomatic, nella già trafficatissima Milano degli anni 70, era una scelta moderna e fuori dagli schemi.

Una vita in città. Non ci è dato nemmeno sapere quante volte il contachilometri abbia fatto il giro dei 100.000, ma ad oggi riporta 61.545. Sta di fatto che questa Daf, dal 1971 al 2018, ha passato i suoi 47 anni di vita a testa alta, sempre parcheggiata per strada con orgoglio, all’aperto, fregandosene del vedersi parcheggiate accanto auto ben più blasonate e fregandosene pure del veder passare il tempo e le mode. Milano attorno a lei era cambiata. E mentre Milano cambiava, con i suoi grattacieli sempre più alti, sulla carrozzeria della Daf 44 si sono depositati, anno dopo anno, strati di polveri nere e sporcizia. I caratteri della sua bella targa quadrata si sono sbiaditi e qualche manovra azzardata da parte sua o di altri l’ha ammaccata in diversi punti.

Attira gli sguardi dei curiosi. La sua vita, iniziata quell’estate in via Borsieri, all’ombra di quello che oggi è uno dei quartieri più cool di Milano, quello di Isola-Garibaldi, passa all’inizio degli anni 80 nel quartiere limitrofo Repubblica, in via Fara, e lì rimarrà fino ad un’altra estate, quella del 2018. Nel corso degli anni, con il diffondersi della passione per il motorismo storico, viene presa di mira da molti appassionati che contattano il proprietario per convincerlo alla vendita. Devono essere stati così tanti che spinsero il proprietario ad attaccare un cartello sul parabrezza, che recitava in un italiano sgrammaticato “NO, NO, NON SI VENDE. MACCHINA STA BENE CON SUO PADRONE GIUSEPPE”.

Inossidabile, racconta la sua storia. Di fianco, un disegno stilizzato dei suoi due fanali simili ad uno sguardo. Io stesso, come tantissimi altri appassionati, ogni tanto passavo di lì apposta. Mi fermavo e tutte le volte le scattavo qualche fotografia, documentando il suo fiero invecchiare. Di sue foto, fatte da tanti appassionati, è pieno il web. Questa auto ormai grondava storia da ogni centimetro di lamiera. Lamiere olandesi, che non marcivano. Nel corso della sua vita i cartelli sul parabrezza aumentarono. Da quelli si poteva intuire che riscontrò problemi con un ritiro del libretto, con richieste di danni mai risarciti, che le furono tagliate le gomme e che fu oggetto di discussioni infinite con la Polizia Locale e con vari studi legali.

Piccoli gesti d'amore. Il proliferare di quei cartelli ha sempre affascinato chiunque dedicasse due minuti del proprio tempo per andare a far visita alla Daf. Chissà che lavoro faceva, il signor Giuseppe… Chissà che faccia aveva, il signor Giuseppe. E chissà quanti anni ha oggi che si è visto portar via, dopo 47 anni, la sua compagna di vita. Qualcuno afferma di averlo visto a volte scendere da casa vestito di tutto punto, con l’abito “buono” e con una valigetta in mano, e restare ore seduto dentro la sua Daf, senza muoverla. Come se il tempo passato con la sua auto fosse quello trascorso con un’amica, una sorella. Altri raccontano di averlo visto la sera scendere a mettere in moto la 44, per scaldarle un po’ il motore e intanto passare inutilmente un vecchio piumino sulla carrozzeria ormai opaca e troppo sporca. Piccoli gesti di affetto, di amore.

Testimone del cambiamento. Nel corso di 47 anni ne avranno viste di cose, quei suoi occhioni di vetro sempre più grigi… avranno visto di certo il traffico milanese delle ore di punta, qualche viaggio in autostrada, magari anche qualche vacanza. Hanno vissuto gli “anni di piombo”, ma anche quasi 50 estati che facevano scottare le lamiere e rovinavano la sua vernice e altrettanti inverni che cuocevano le guarnizioni per il gelo. Purtroppo non sosta più nella sua via Fara. Qualcuno l’ha trainata via così, come se fosse uno dei tanti catorci abbandonati che deturpano le vie della città. Non veniva revisionata dal 2004 e, dallo scorso 23 agosto, risultava anche senza assicurazione.

Un triste destino. La Polizia Locale, dopo aver tentato mille volte in passato di convincere il proprietario a rispettare le leggi, ha ritenuto pertanto arrivato il momento di rimuoverla. È passato in silenzio questo 23 agosto, lei non poteva chiedere aiuto. A metà novembre appare sui social una foto che non avrei mai voluto vedere, io come tanti altri “amici della Daf”. La piccola 44 rossa immortalata nel piazzale di un’autodemolizione, senza targhe e senza un faro anteriore. Mi piace pensare che lo abbia tenuto il signor Giuseppe, in ricordo di una vita insieme. Mi sono attivato in tutti i modi per cercare di salvarla.

Troppo tardi per salvarla. Ho ricostruito la storia dei suoi ultimi mesi dopo la rimozione, passando ore al telefono con la Polizia Locale, all’ufficio rimozioni, all’ufficio sequestri, al deposito giudiziario, fino ad andare di persona a rivederla dal demolitore. Era al terzo piano dello scaffale porta-auto, sopra altri relitti. Ho incontrato persone disponibilissime e competenti, che hanno apprezzato quanto stessi facendo. Me l’hanno portata a terra e si sono prodigati per aiutarmi, ma non è stato possibile fare nulla: l’auto era già stata demolita e inserita nel formulario come “rifiuto speciale”. Un rifiuto… Pazzesco chiamarla rifiuto, quando avrebbe potuto fare la felicità di qualche appassionato disposto a investire su di lei.

Se solo... L’avrei acquistata anche senza targhe e documenti, per restaurarla solo per metà, come ha fatto con una macchina ben più fortunata e prestigiosa il noto collezionista Corrado Lopresto, e far vedere alle mostre e ai raduni come cambia un’auto sotto lo smog di Milano in quasi 50 anni di esposizione alle intemperie. Purtroppo la burocrazia non me l’ha permesso. Dentro quel bagagliaio c’erano ancora tutte le cose del signor Giuseppe: attrezzi, ricambi, taniche, una vecchia batteria, una pompa per le gomme e altro ancora. Sono entrato nell’abitacolo. Non penso che molte altre persone ci siano state, oltre al suo devoto padrone.

Un diario per raccontare una vita. Mi sono preso i suoi celebri cartelli, mentre dal cruscotto sono saltati fuori dei taccuini dove il signor Giuseppe annotava tutto. Quante volte faceva benzina indicando la data, l’importo, i litri e i chilometri dell’auto. Piccoli interventi alla vettura, gli innumerevoli urti ricevuti da altri automobilisti. Ci teneva il signor Giuseppe alla sua Daf, anche se poteva sembrare che la trascurasse. Invece scendeva di tanto in tanto in strada per qualche piccolo gesto che la mantenesse in vita nonostante, ormai, non venisse spostata da anni. Me lo immagino dietro la finestra di casa a osservare la sua macchina mentre veniva urtata da qualche manovra maldestra. Lo dico perché annotava le targhe di quelle auto... Sono fiero di essermi prodigato fino all’ultimo per salvarla e oggi me ne rimangono alcuni pezzi, che mi è stato concesso di smontare. Resteranno a testimonianza di Milano, via Fara, 44. Che non è un indirizzo.

Marco Bellotti

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