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29/04/2023 | di Redazione Ruoteclassiche
Gigi Villoresi e i suoi sogni
29 aprile 1951, Gigi Villoresi, grande pilota degli anni 30-50, vince la XVIII Mille Miglia su una Ferrari 340 America Berlinetta Vignale. Un libro racconta la vicenda umana e professionale del campione
29/04/2023 | di Redazione Ruoteclassiche

“Vincere la Mille Miglia sarebbe la ciliegina sulla torta della mia carriera. È una corsa antica, e anch’io sono pilota antico”. 29 aprile 1951, il pilota antico vince la Mille Miglia, dopo un giorno di pioggia battente, un incidente vicino a Ferrara, una Ferrari 340 America Berlinetta Vignale acciaccata che taglia il traguardo per prima, una mamma malata e anziana che lo aspetta: Gigi Villoresi, che quell’anno aveva 42 anni, coronò, ancora una volta, un sogno. “La XVIII Mille Miglia fu la mia più grande e sofferta vittoria, il coronamento di un sogno di carriera. Da giovane, il mio desiderio era essere un pilota. Ce l’avevo fatta, avevo vinto in Italia, all’estero e ora, con l’apparire di nuove tecnologie e piloti agguerriti, mi sentivo soddisfatto del mio percorso. Il mondo delle corse mi aveva dato tanto, e mi aveva tolto tanto, però mi aveva reso felice”.

La grande storia. La vita, i successi, le delusioni, le aspirazioni, le tragedie di Gigi Villoresi, grande pilota degli anni 30-50. Uno che ha corso su tutti i circuiti più prestigiosi, che ha conosciuto tutti i grandi del suo tempo, che ha condotto le auto più prestigiose, che ha vinto tanto. E che viene raccontato, come in un avvincente romanzo, da un familiare che di cognome fa Villoresi e di nome Valerio: “A tutto gas e senza freni. Gigi Villoresi: amori e dolori di un mito tra Maserati, Ferrari e Lancia”. E si parte dalla fine. Da quando Gigi, anziano, non proprio abbiente e costretto su una sedia a rotelle, vive in una casa di riposo a Modena (quella di don “Ruspa”, “il parroco della Formula 1”, Sergio Mantovani). Con quella carrozzina fa le corse per la strada. Del resto gliel’aveva regalata Schumacher (c’è la dedica sulla targhetta: “A Gigi dall’amico Michael”)… Sempre con accanto una signora, anche lei di una certa età. Angela, elegante, con la sua veletta, lui col panama inclinato sulla fronte, di bianco vestito. Lui parla, lei ascolta. E scrive. Annota per due anni tutti i momenti di una vita straordinaria, che lui rievoca ora con entusiasmo ora con struggente malinconia. Il manoscritto è sulla scrivania del vecchio pilota, viene ritrovato alla sua morte, nel 1997. Lo spunto per un racconto appassionante.

Le vittorie e la guerra. Intanto, la carriera di Villoresi è stata costellata da successi nella 1000 Miglia, alla Targa Florio, nei vari campionati (due volte campione italiano, ma partecipa all’Europeo, al campionato Sport...), nella F.1, nei rally (per un totale di 68 vittorie). È stata scandita dagli incontri con grandi uomini: Enzo Ferrari, i fratelli Maserati, Nuvolari, Varzi, Farina, Ascari, Taruffi... Ed è stata segnata, ovviamente, dalle auto: Maserati, Ferrari, Lancia. Soprattutto è toccata dalla storia. C’è la guerra, che interrompe speranze e ambizioni. C’è il fascismo, che sconvolgerà con la sua follia la vita del giovane Gigi. C’è poi una vita brillante che si sgretola nella povertà. E irrompe la morte di un fratello adorato, che rimette in discussione tutto.

Sogna, ragazzo mio. Il racconto torna, ancora una volta, indietro. A quell’agiata famiglia milanese dove arriva, negli anni 20, una Reo che toccava i 20 all’ora. Papà Gaetano non la sa guidare e la distrugge contro un palo. Pare che in quella casa non ci saranno più autovetture. E invece il tarlo s’insinua. Gigi ha un fratello, l’adorato Emilio. Entrambi sognano di correre veloci. E il padre, dopo tante resistenze, cede. “Tu, ragazzo mio, sogna”. È l’esortazione ricorrente di papà Gaetano. E Gigi va per la sua strada.

Le corse. Il racconto si dipana tra le prime gare con la Fiat Balilla e l’esordio alla 1000 Miglia del 1935 (diciottesimo assoluto, con il fratello Emilio come copilota). E poi la Maserati, gli odori delle officine, i consigli dei meccanici, gli amori giovanili, le tragedie in pista, la sua Scuderia Ambrosiana. Villoresi è ormai pilota affermato, prima della guerra corre in tutto il mondo con la Maserati. E vince. Il fratello invece è in forza all’Alfa Romeo di Enzo Ferrari. Durante delle prove a Monza nel 1939, Emilio muore. Ferrari sostiene che è uscito di strada, forse per un malore. E cinicamente liquida così la faccenda, rigettando il sospetto di un guasto meccanico e di soccorsi arrivati in ritardo. Villoresi avrà uno scontro col Drake: ai suoi occhi è un uomo che, per conseguire il successo, mette “da parte il cuore”. Ma la carriera va avanti, la Formula 1, Indianapolis, le gare in Argentina e nel resto del mondo. E il richiamo del Commendatore: su Ferrari, Villoresi vinse molte gare ma non un Gran Premio, e questo fu il suo cruccio. E poi gli ultimi rally, con il trionfo finale ad Atene nel ’58 su Lancia Aurelia GT, prima di approdare a una seconda vita, avara di successi.

Il libro. La vita romanzata (sembra la sceneggiatura di un film), con incursioni nella vita intima e nella grande storia, si legge d’un fiato. C’è la vicenda umana che va di pari passo con quella del pilota. Con le ambizioni, i sogni, i dubbi. Come scrive Leo Turrini nella prefazione “Io mi sono fatta l’idea che Gigi, in carriera, abbia vinto meno di quanto meritava”. “A tutto gas e senza freni. Gigi Villoresi: amori e dolori di un mito tra Maserati, Ferrari e Lancia” è scritto da Valerio Villoresi ed edito da Minerva, 25 euro, con tante foto dell’archivio di famiglia.

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