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09/03/2025 | di Redazione Ruoteclassiche
Lancia Aurelia B20, manifesto programmatico
Elegante, veloce e confortevole: ecco i canoni della granturismo made in Italy, tipologia di vettura che la coupé torinese ha il merito di "inventare"
09/03/2025 | di Redazione Ruoteclassiche

Dici Aurelia e pensi alla B20: è lei, infatti, forse più ancora della sorella scoperta B24 a rappresentare uno dei capolavori di tecnica e stile degli anni 50. Con questo modello nasce il concetto di granturismo all’italiana: una vettura bella, comoda e veloce, capace di macinare centinaia di chilometri a velocità media sostenuta e persino di imporsi nelle competizioni su strada. Una rara sintesi di perfezione, a cominciare dallo stile, definibile come un capolavoro assoluto. Il merito è senz’altro di Pinin Farina, ma alla genesi ha contribuito anche Felice Mario Boano, all’epoca in forze alla Ghia e, in una certa misura, anche Viotti che nel primo anno di produzione, il 1951, realizzò un centinaio di esemplari della B20 per conto della Ghia.

Arriva dopo la berlina. La B20 è la secondogenita della famiglia Aurelia, dopo la berlina. Come da tradizione della Lancia, alla quattro porte di serie viene affiancata una derivazione sportiva, su base meccanica identica, ma potenziata. Il celeberrimo motore V6 a 60 gradi, un’invenzione dell’ingegner Francesco De Virgilio (la Aurelia è la prima auto al mondo ad adottare un motore simile) passa a due litri di cilindrata e a 75 CV, sufficienti a fare raggiungere a questa coupé a superare i 160 km/h. Il passo è ovviamente accorciato rispetto a quello della berlina (da 2.860 a 2.660 mm), il cambio a 4 marce è “all’americana”, cioè con leva di comando al piantone: soluzione poco sportiva, ma che favorisce l’abitabilità. La linea è, per usare una definizione più moderna, "fastback", con un frontale volitivo, dominato dalla grande calandra e dallo scudo Lancia. Il padiglione vira basso e spiovente verso la coda, dove i parafanghi terminano con una pinna appena accennata. La superficie vetrata è ridotta in altezza, e contribuisce a imprimere alla B20 un’immagine slanciata e sportiva.

Evoluzione della specie. La seconda serie della B20 GT appare a un anno dal lancio, dopo 490 vetture assemblate (un successo straordinario per un’auto che costa 2,8 milioni di lire, pari a quattro utilitarie Fiat 500 C): motore potenziato a 80 CV, pinne posteriori più evidenti, profilo lucido sul brancardo, paraurti senza rostri, cruscotto ridisegnato. La produzione dura un annetto ed è già il momento della terza serie, che presenta una modifica sostanziale: il motore portato a 2,5 litri di cilindrata con potenza di 118 CV per una velocità di punta di 185 km/h. Ridisegnati la coda, più tondeggiante e senza pinne, e il frontale. Rimane in produzione per meno di un anno (da marzo a dicembre 1953 per complessivi 720 esemplari) e viene sostituita dalla quarta serie (1.000 unità prodotte), che vede l’adozione al retrotreno del ponte De Dion in luogo dello schema a ruote indipendenti con semiassi oscillanti: modifica che comporta un miglioramento decisivo nella tenuta di strada. La quinta serie, del 1955, nasce sotto il controllo della nuova proprietà, la famiglia Pesenti che ha rilevato la Lancia dalla famiglia del fondatore. Costruita in 299 esemplari, è leggermente addomesticata e più confortevole: più incline al granturismo che alle corse, insomma. La sesta serie, subito riconoscibile per i deflettori delle porte, arriva nel 1957; dal punto di vista meccanico vede un leggero innalzamento della potenza che, scesa a 110 CV nella quinta serie, risale a 112. L’ultima B20 esce dagli stabilimenti di Pininfarina a novembre del 1958.

Rivale Doc. L’Aurelia GT ha come avversaria principale, lungo tutta la sua carriera, una formidabile concorrente: l’Alfa Romeo 1900 Sprint (poi Super Sprint): è con queste due vetture che nasce il forte dualismo tra lancisti e alfisti. La sportiva del Portello, carrozzata da Touring, prevale leggermente nelle prestazioni, in particolare fino all’adozione da parte della coupé torinese del V6 “2500”. Una terza avversaria, più teorica perché prodotta in poco più di 100 esemplari (114 per la precisione), è la complicata (e più costosa) Fiat 8V. Sul versante commerciale, però, non c’è storia: la Lancia, il cui listino è sempre un po' inferiore a quello dell’Alfa, batte la rivale del Biscione perché ha una produzione più che doppia. Oggi la B20 è una delle regine del mercato delle vetture degli anni 50, con quotazioni che raggiungono, per gli esemplari da concorso, i 170-180 mila euro. Il restauro è costoso e, soprattutto, complicato, poiché le differenze tra una serie e l’altra, spesso impercettibili, sono moltissime e mantenere la fedeltà filologica non è affatto semplice. Chi possiede un esemplare, però, ha la soddisfazione di avere per le mani un vero capolavoro della storia automobilistica mondiale.

Analisi di mercato. In poco più di 5 anni, le quotazioni delle B20 si sono più che triplicate, dopo un periodo di stabilità dovuto al minore interesse da parte dei collezionisti. A rimorchio delle quotazioni della sorella B24, che ha raggiunto valutazioni da capogiro, anche la coupé ha ricominciato a salire, dapprima lentamente poi in maniera sempre più vigorosa. Oggi una Aurelia B20 prima serie in buone condizioni (label AB delle quotazioni di Ruoteclassiche), vale 133 mila euro, ma raggiunge i 180 milase in perfetto stato o totalmente restaurata (A+).

TECNICA

Motore Cilindrata Potenza Velocità Trazione Dimensione Esemplari Prodotti Periodo di Produzione
anteriore, 6 cilindri a V di 60° cm3 1991-2451 CV da 75 a 118 km/h da 162 a 185 posteriore mm (LxLxH) 4280x1540x1420 (prima serie) 3.861 1951-1958

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