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Mercedes-Benz C112, la supersportiva che guardava al futuro

Trent’anni fa Mercedes-Benz presentava la C112, il primo passo della Casa di Stoccarda per sviluppare le supersportive del Terzo Millennio: un obiettivo ambizioso e come tale, era da considerarsi una vetrina delle più avanzate tecnologie disponibili in campo automotive.

Al Salone di Francoforte del 1991, Mercedes-Benz annunciava due grandi novità: l’imponente Classe S (W140) e la showcar C112. Con entrambe, la Casa di Stoccarda intendeva tracciare la strada per la produzione di auto stradali più sicure ed efficienti. La seducente C112 era una vera “supercar” a due posti secchi capace di superare i 300 Km/h. Questa concept car, marciante e funzionante poteva considerarsi il biglietto d’ingresso per Mercedes-Benz nel club super esclusivo delle più blasonate sportive a 12 cilindri. Oltre alla linea, che prefigurava prestazioni di altissimo livello, a fare la differenza era il suo bagaglio tecnologico.

Un approccio differente. Rispetto alle più quotate concorrenti del periodo, la bella tedesca poteva vantare un inedito sistema di sospensioni intelligenti e una docilità sconosciute alle sue potenziali rivali. Tra queste possiamo individuare le emiliane Bugatti EB110 e Lamborghini Diablo, seguite poi dall’inglese Jaguar XJ220 (che nel 1991 era ancora in fase di sviluppo) e dalla conterranea Isdera 112i Commendatore, che successivamente ha condiviso con la C112 il potente motore V12. Nessuna di queste straordinarie vetture poteva offrire la facilità di guida e le dotazioni della concept car. Nonostante derivasse direttamente dalla Sauber-Mercedes C11, di cui riprendeva il layout tecnico, la guida della C112 offriva un approccio diametralmente opposto a quella di una vettura del Gruppo C: l’abitacolo era lussuoso e ben isolato dal rumore dal potente V12 montato in posizione centrale. In plancia non mancavano amenità di bordo come il controllo automatico della temperatura e un impianto completo per l’intrattenimento. Con queste prerogative, la Mercedes-Benz C112 anticipava una nuova generazione di supercar: più sfruttabili e più sicure. A fronte di una grande attenzione per il comfort, la C112 tradiva le sue origini agonistiche per l’assenza del baule e della ruota di scorta.

Le forze d’elite. La Mercedes-Benz C112 poneva una pietra miliare nella “hall of fame” delle sportive della Stella: un banco di prova per lo sviluppo di sistemi per il controllo dinamico delle future generazioni di vetture. La gestione di questo progetto venne affidato al dipartimento “DAS”, reparto d’elite nato nel 1989 per i progetti di advanced design. Questo team gestito da Bruno Sacco, deus ex machina dello stile Mercedes-Benz, aveva la missione di percorrere nuove strade esplorando temi inediti in materia di mobilità e progettazione. Secondo la più basica ideologia Mercedes, a fronte di prestazioni superlative, la C112 doveva essere maneggevole, sicura e confortevole. Inizialmente si pensava a una messa in produzione e perciò la C112 sarebbe stata omologata per tutti i mercati mondiali, compresa la Svizzera con le sue norme sul rumore e la California con i suoi limiti per le emissioni inquinanti.

Fedele alla linea. A capo del progetto, Karl Leschke che insieme al suo team definì le forme scultoree della Mercedes-Benz C112. La sua linea riecheggiava di certe proporzioni della C111-III, ne risultò una forma pura e architettonica, scolpita in modo intricato lungo le fiancate e nella parte posteriore. Bruno Sacco raccontò in un intervista a Fulvio Cinti di Auto & Design: “Quando il tema della C112 è stato sviluppato non ci siamo persi in un labirinto seguendo i trend del momento. La C112 si riallaccia a una tradizione ben definita, ancorata al passato ma coerentemente legata a concetti di design sviluppati negli ultimi quindici anni. Abbiamo cercato di continuare con quella che riteniamo essere la nostra filosofia di design”. La carrozzeria venne realizzata a Torino dalla Carrozzeria Coggiola su un telaio fornito da Mercedes-Benz.
Un concept stilistico sottolineato anche dalle particolari portiere ad ali di gabbiano, che richiamavano la leggendaria 300 SL Gullwing: la più iconica tra le sportive della Stella. L’apertura delle porte era servoassistita con cilindri idraulici posizionati sotto il tetto che aprivano e chiudevano le porte al tocco di un pulsante. Per scongiurare situazioni di pericolo, le portiere erano progettate in modo da poter essere rimosse nella sventurata ipotesi di cappottamento.

Dna sportivo. Il telaio della Mercedes-Benz C112 manteneva un collegamento diretto con le Sauber-Mercedes del Gruppo C e venne messo a punto da un team selezionato di 20 progettisti sotto la direzione tecnica di Karl Hoehl. Il team guidato da Hoehl riprogettò il telaio monoscocca in alluminio rivettato e incollato che pesava circa 59 kg. La vasca si estendeva fino al vano motore, con l’alta paratia posteriore che formava un serbatoio dal quale due pompe elettriche interne estraevano il carburante. Le tre paratie principali in alluminio (anteriore, cofano e posteriore) erano unite da un tunnel centrale tra i sedili, che aumentava la rigidità in flessione e la resistenza agli urti. La struttura del muso rivettata sulla paratia anteriore accoglieva la batteria e il radiatore dell’acqua. I tubi dell’acqua passavano lungo il tunnel centrale arrivando fino al motore posto al centro della sezione posteriore. Nel vano era presente anche una robusta struttura in acciaio che si estendeva all’indietro, dove erano ancorati i supporti delle sospensioni. All’occorrenza, la struttura poteva essere rimossa per facilitare le operazioni di manutenzione. A fronte di un telaio e una carrozzeria in alluminio, la C112 portava a spasso una massa di 1569 kg, che gravava per il 58% sull’asse posteriore.

Aerodinamica attiva. La C112 segnava un ulteriore passo avanti nella definizione di un’efficace aerodinamica attiva, con lo spoiler anteriore e l’alettone posteriore controllati elettronicamente, garantendo una combinazione ottimale di bassa resistenza aerodinamica ed elevata deportanza.
L’aerodinamica era al servizio del pilota anche quando la C112 raggiungeva i suoi limiti di trazione, in curva o in frenata. I sensori che misuravano le forze g posti nella parte anteriore, centrale e posteriore della vettura comunicavano con la centralina che controllava l’aerodinamica attiva della C112: lo spoiler anteriore e il profilo aerodinamico posteriore potevano cambiare conformazione in un decimo di secondo. Questi generavano fino a 1000 kg di deportanza, che in situazioni d’emergenza (come una sbandata), sarebbe venuta in soccorso del guidatore come una mano santa che spingeva l’auto sulla carreggiata.
Il grande profilo posteriore aveva un’altra modalità di funzionamento, che richiamava la 300SLR del 1955: in caso di frenate brusche, spostandosi verso il basso a circa 45 gradi, fungeva da freno aerodinamico. In questa condizione veniva triplicato il coefficiente di resistenza aerodinamica e ciò consentiva di ridurre drasticamente la distanza di arresto: da 300 km/h a 0 erano necessari 100 metri. Il principio dell’ala mobile posteriore venne riutilizzato più di 10 anni dopo, sulla Mercedes-Benz SLR McLaren.

Linee pulite. Per mantenere bassa la resistenza aerodinamica, la C112 impiegava solo tre prese d’aria: quella integrata nel frontale e una su ciascuna fiancata. Queste convogliavano l’aria al vano motore attraverso un radiatore che raffreddava l’olio e i freni posteriori. Le superfici pulite della carrozzeria insieme agli specchietti retrovisori montati sul montante A davano alla vettura un coefficiente di resistenza aerodinamica di 0,30: il più basso mai raggiunto fino a quel momento su un’auto stradale ad alte prestazioni. Una caratteristica comune tra le sportive dell’epoca era l’uso dei fari a scomparsa, che sulla C112 venne evitato in quanto aumentava la resistenza aerodinamica. Furono montati due proiettori con lenti e carenature trasparenti, mentre i fendinebbia e gli indicatori di direzione erano integrati nel paraurti anteriore (in Kevlar), con lo spoiler a controllo elettronico, posto sotto il profilo inferiore. La copertura del motore, trasparente, occupava gran parte della parte posteriore, sotto di essa era montata l’ampia fanaleria a sviluppo orizzontale. Il paraurti integrava i terminali di scarico e l’imponente estrattore posteriore.  

Sportiva non vuol dire scomoda. La Mercedes-Benz C112 era equipaggiata con il nuovo motore V12 da sei litri (5.987cc) M120, lo stesso montato sui modelli top di gamma della Classe S (W140). Il propulsore erogava una potenza di 408 CV e una coppia motrice di 580 Nm, collegato a un cambio manuale a sei marce sviluppato da Mercedes-Benz appositamente per la C112. La poderosa cavalleria era coadiuvata dai più recenti aggiornamenti nel sistema di frenata ABS e dal controllo di trazione con antislittamento (ASR), due dispositivi già sviluppati e adottati sui modelli di produzione. Anche le sospensioni riprendevano lo schema Multilink utilizzato a partire dalla Serie 190 (W201). La C112 viaggiava su cerchi da 18” a cinque razze Speedline realizzati in magnesio, mentre l’impianto frenante, fornito dalla Brembo era composto da dischi ventilati in ghisa, con pinze a quattro pistoncini sia all’anteriore che al posteriore.
L’allestimento interno prevedeva rivestimenti in pelle, sedili riscaldabili e regolabili elettricamente, climatizzatore automatico, con buona parte della componentistica ripresa dalla nuova Classe S. Non mancavano la radio a cassette “Becker 2000 Mexico” e persino un primordiale sistema di navigazione GPS.

Cibernetica. Tra gli aiuti alla guida, c’erano il servosterzo e il sofisticato sistema di sterzo elettronico sulle ruote posteriori definito “cibernetico”, che esaltava la maneggevolezza della C112. Il controllo elettronico dello sterzo interpretava le condizioni dinamiche e inviava segnali alle valvole che controllavano i martinetti idraulici, accorciando gli angoli di sterzata delle ruote posteriori per garantire che la C112 seguisse il percorso scelto dal conducente con precisione millimetrica. Il comando, in cooperazione con le sospensioni (anche queste attive), compensava automaticamente le irregolarità del manto stradale e persino i cambiamenti di aderenza della superficie.
La stabilità del veicolo era gestita attraverso il controllo attivo della carrozzeria “ABC” (Active Body Control), una combinazione di molle idrauliche su ogni ruota e di sensori che monitoravano i movimenti del veicolo.
Insieme conciliavano le prestazioni e i più elevati livelli di sicurezza e comfort. Il sistema era governato da una centralina che elaborava le informazioni dei sensori e di conseguenza regolava le sospensioni. Questo dispositivo fece il suo debutto ufficiale otto anni dopo, nel 1999, con il lancio della lussuosa CL (C215), variante coupé dell’ammiraglia Classe S (serie W220).

L’eredità della C112. Mercedes-Benz ricevette ben 700 ordini per la C112, con offerte fino a 1,5 milioni di dollari ma, il modello non entrò mai in produzione. La dirigenza Mercedes-Benz dell’epoca non ritenne di produrre una sportiva tanto avanzata: le risorse vennero impiegate per portare avanti le innovazioni tecniche, che entro il 2000, sarebbero state impiegate anche sui modelli di serie. Si trattava di investimenti che, in modo più lungimirante, avrebbero massimizzato il ritorno economico su un mercato molto più vasto rispetto a una supersportiva pensata per un’elite ristrettissima.
Si apriva una nuova strada e negli anni a venire, anche Mercedes salì nell’Olimpo delle supercar portando avanti l’eredità spirituale della C112 e inaugurando un nuovo corso per l’auto sportiva.    

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