Salone di Parigi del 1955: le cronache riportano reazioni entusiastiche non appena vennero tolti i veli alla Citroën DS. Gli stand dei concorrenti improvvisamente deserti, stupore e incredulità generale di fronte a linee talmente moderne e avveniristiche da rendere obsoleta qualsiasi altra vettura. Nessun’auto ha avuto un impatto così dirompente, confermato da 80 mila ordini a fine salone, un anno di attesa prima della consegna e 1.456.115 esemplari prodotti.
“Non plus ultra” tecnologico. Il nome DS pronunciato alla francese indica una dea e quest’alone mitologico l’accompagna da sempre. Merito soprattutto di una linea “scolpita” - mai verbo fu più appropriato - da Flaminio Bertoni, ma anche delle sospensioni idropneumatiche, una delle innovazioni più note della DS, in grado di offrire una tenuta di strada e un comfort eccezionali, anche negli anni successivi. Il fulcro era costituito dall'impianto idraulico ad alta pressione, che governava sterzo, freni, cambio semiautomatico, e, appunto, le sospensioni. Queste ultime, prive di molle e ammortizzatori, mantenevano le ruote in costante contatto con la superficie stradale. Senza dimenticare poi l’effetto scenografico della levetta per alzare o abbassare la vettura a piacimento. La DS è stata anche la prima vettura di serie con freni a disco anteriori.
20 anni di evoluzione. Fatto il pieno di tecnologia, da qualche parte si doveva per forza risparmiare e si finì per ripiegare sul motore 4 cilindri da 1.911 cm3 e 75 CV della Traction Avant, progettato negli anni 30, affidabile, ma tutt’altro che moderno. Nel corso della sua carriera però, il "quattro" verrà costantemente aggiornato, con aumenti di potenza (83 CV) a partire da marzo 1961. Dal settembre 1965, come "modello 1966", arriva la DS21, ovvero con cilindrata portata a 2.175 cm3 e 109 CV di potenza: rispetto alla prima DS che si fermava a 140 km/h, il miglioramento è notevole perché si raggiungono i 175 km/h, che saliranno a 185 nel 1969 con l’introduzione dell’iniezione elettronica. Va ancora meglio con la DS23, che appare a fine 1972, come "modello 1973": motore 2.3 litri da 141 CV nella versione a iniezione, o 124 CV in quella a carburatore.
Diventa “squalo”, ma anche "décapotable". L’evoluzione stilistica della DS ha invece uno spartiacque importante, quello del 1967 (come "modello 1968"), quando vengono introdotti i nuovi fari anteriori carenati, che donano all'auto l’aspetto forse più conosciuto che, in Italia, le porterà il soprannome di “squalo”. Hanno anche la particolarità degli abbagliantiche ruotano insieme allo sterzo, per illuminare gli angoli bui in curva, funzione che verrà omologata dopo sugli esemplari italiani, grazie a Citroën Italia. Anche gli interni nel corso degli anni si evolvono, mantenendo la comodità assoluta delle poltrone (riduttivo chiamarli sedili), esaltate nell’allestimento Pallas dai rivestimenti di pelle, e abbinati ad aria condizionata e radio. La versione Break - ovvero la familiare - non brilla per avvenenza, ma ha avuto un grande successo come autoambulanza: era basata sulla sorella più spartana della DS, denominata ID, che seguirà in parallelo la carriera commerciale della DS. La cabriolet firmata Chapron, prodotta dal 1961 al 1971, rappresenta poi un autentico capolavoro, molto ricercato dai collezionisti.
Fascino immortale. Protagonista per tre decenni (e oltre) sulle strade di tutto il mondo, la DS è stata anche l’auto personale di Charles de Gaulle, comprata di tasca sua dal concessionario di fiducia e capace di salvargli la vita, non arrestandosi nemmeno con due pneumatici forati da una raffica di mitra in un attentato del 1962. Al tempo tale fatto donò alla vettura (oltre a tanta pubblicità) un’ulteriore aura quasi soprannaturale, ma ancora oggi è un’auto dal fascino irresistibile, sintesi forse irripetibile di tecnica e design.