Fantastica come un'astronave, fu una pietra miliare nell'evoluzione stilistica di Bertone. Alta solo 840 mm, è un cuneo perfetto. Per salire a bordo si solleva il parabrezza. Motore centrale.
Era impossibile rimanere indifferenti di fronte allo stupefacente prototipo presentato da Bertone in occasione del 52° Salone di Torino (1970) e subito impostosi come la più interessante sorpresa della kermesse torinese. La "Stratos", questo il nome voluto dallo stesso Nuccio, presentava infatti soluzioni stilistiche decisamente innovative, quasi temerarie. All'origine del progetto l'idea di montare il gruppo motopropulsore della Lancia "Fulvia 1,6 HF", un 4 cilindri a V di 1584 cm3 da 115 CV a 6000 giri/min, in posizione centrale su un pianale di nuova concezione.
Un ruolo fondamentale in questa scelta lo aveva sicuramente giocato l'eccezionale esperienza professionale maturata al fianco di Ferruccio Lamborghini, un sodalizio dal quale in soli quattro anni erano nate le straordinarie "Miura", "Marzal", "Espada 400 GT", "Jarama" e "Urraco P250". Per non vincolare la mano del disegnatore nel definire le linee della carrozzeria, tutti gli organi meccanici furono collocati in posizione ribassata. Grazie a tale disposizione Bertone poté realizzare un prototipo dall'esasperata linea a cuneo alto solamente 840 mm, per una lunghezza di 3580 mm. L'andamento a triangolo degli sfiati d'aria del cofano motore, la doppia finestratura laterale e soprattutto l'ampio parabrezza-porta in vetro erano tutti elementi destinati a suscitare non poco stupore. Per accedere ai due sedili era necessario azionare il meccanismo di apertura del parabrezza agendo sulla maniglia nascosta nella parte anteriore della vettura.
Contemporaneamente, grazie alla presenza di un dispositivo idraulico, il piantone dello sterzo ruotava in avanti e consentiva al pilota di accomodarsi più agevolmente al posto guida. Tramite lo stesso piantone si comandava poi l'apertura del portello dall'interno dell'abitacolo. La strumentazione, raccolta in un unico pannello appoggiato sul passaruota anteriore sinistro, evidenziava un disegno avveniristico. Il volante, realizzato dalla Hellebore-Gallino, era costituito da un semplice anello rivestito in pelle al cui centro spiccava una sfera in materiale espanso. I sedili anatomici avevano la parte superiore dello schienale ribaltabile: in tal modo risultavano raggiungibili sia il minuscolo vano bagagli sia il ruotino di scorta. La visibilità laterale e posteriore non era stata certo una priorità dei progettisti. Il lunotto era infatti di dimensioni a dir poco esigue e il cofano motore, dall'originale motivo alettato a V, ostruiva quasi del tutto la visuale. Anche gli specchietti retrovisori esterni, ricavati nei parafanghi anteriori, avevano una superficie del tutto insufficiente. Per la fanaleria erano state sviluppate soluzioni inedite. Anteriormente risaltava un'unica fascia luminosa, larga quanto la vettura, alimentata da dieci proiettori, mentre le luci posteriori formavano un anello che incorniciava il radiatore. In effetti, osservando la "Stratos" si aveva la netta sensazione di trovarsi di fronte a una scultura, a un'astrazione del concetto di automobile piuttosto che a una concreta proposta per l'industria del settore. Alcuni infatti videro in essa un puro e sterile esercizio di stile, quasi una stravaganza.
Il criterio progettuale alla base di questo prototipo affascinò comunque la maggior parte dei visitatori e fra questi uno in particolare, Cesare Fiorio, a quel tempo direttore sportivo della Lancia. Da parte della Casa torinese non vi fu alcun passo ufficiale fino alla primavera successiva, quando Bertone ricevette una telefonata da Ugo Gobbato, allora direttore generale della Lancia: venne fissato un incontro per l'indomani presso la Squadra Corse Lancia, in via San Paolo. Nuccio giunse all'appuntamento alla guida della "Stratos", suscitando per le strade grande curiosità e sorpresa. In quell'occasione i vertici della Casa manifestarono un vivo interesse per la "Stratos" e chiesero al carrozziere di derivarne una vettura che fosse da un lato meno avveniristica e dall'altro adatta ad essere prodotta in serie, sia pur limitata. Nuccio non perse tempo e in pochi mesi sviluppò una nuova coupé equipaggiata, per suo stesso volere, con il motore 6V di 2,4 litri della Dino. Nell'autunno del 1971 vide la luce il primo esemplare di "Stratos HF", vettura espressamente progettata per i rally.
CARATTERISTICHE
Motore
4 cilindri a V di 13° ("Fulvia 1,6 HF")
Cilindrata 1584 cm3
Alesaggio 82 mm
Corsa 75 mm
Potenza 115 CV (norme IGM) a 6000 giri/min
Rapporto di compressione 10,5:1
Coppia 15,8 kgm a 4500 giri/min
2 carburatori doppio corpo verticali Solex C42 DDHF
Tramissione
Motore centrale e trazione posteriore
Cambio a cinque marce
Corpo vettura
Berlinetta due posti
Pneumatici ant. 4.75x8.50, post. 6.00x12.00
Dimensioni e peso
Passo 2220 mm
Carreggiata anteriore 1343 mm
Carreggiata posteriore 1458 mm
Lunghezza 3580 mm
Larghezza 1870 mm
Altezza 840 mm
Peso 710 kg