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Mazda MX-81, giapponese d’Italia

Il docufilm “La forma del tempo” diretto da Dario Acocella racconta come nacque l’avveniristica MX-81, 40 anni fa. La prima concept car di Mazda è figlia del rispetto e della comune passione dei designer italiani e del Costruttore giapponese.

La nascita della MX-81, la prima concept car di Mazda, è rievocata dal docufilm “La forma del tempo”, 40 anni dal suo lancio. Il cortometraggio è stato presentato in un evento in diretta che ha messo in collegamento la sede centrale di Mazda a Hiroshima, in Giappone, con quella italiana a Roma e Torino, dove la MX-81 Aria è stata mostrata dopo il restauro completo nel nostro Paese a cura del centro SuperStile. Fra gli ospiti della videoconferenza anche Ikuo Maeda, dal 2009 general manager del design Mazda, con gli interventi di Giorgetto Giugiaro, di Nobuhiro Yamamoto, ingegnere Mazda responsabile dello sviluppo dei motori rotativi; di Hideyuki Miyakawa, il giornalista giapponese che fu primo artefice del rapporto tra Mazda e Italia; e infine Flavio Gallizio, coordinatore del restauro del veicolo.

E Mazda vide la Luce. La storia dietro la Mazda MX-81 svela come siano antichi i legami fra il design italiano e la concezione giapponese dell’automobile. Fu Miyakawa che, inviato (in moto!) in Europa dalla Casa giapponese, mise in contatto l’allora Toyo Cork Kogyo con Bertone dopo l’incontro al Salone di Torino del 1960. Il frutto della prima collaborazione arrivò pochi anni dopo con le berline Familia, Capella e Luce (in italiano), disegnata dal giovanissimo Giorgetto Giugiaro con linee nette e proporzioni di un’armonia inaudita per un’auto di serie prodotta nel Sol Levante. Il rapporto fra la carrozzeria di Grugliasco e la Casa giapponese proseguì anche dopo la fuoriuscita di Giugiaro: così nel 1981 seguì la MX-81 Aria, la prima concept del marchio e la prima Mazda fregiarsi della sigla MX (Mazda eXperimental). I designer della carrozzeria Bertone lavorarono sulla piattaforma della Mazda 323 per creare una hatchback a forma di cuneo, futuristica e di grande eleganza formale.

Stupore a Tokyo, ritratto a Milano. Con la vernice dorata, le superfici vetrate a piena luce e i fari a scomparsa, la MX-81 fece colpo al Motor Show di Tokyo. Il bello però arrivava una volta aperta la portiera. Il design degli interni, con il volante rettangolare incassato, il cockpit a forma di schermo TV, i comandi squadrati come gli scarichi e i sedili anteriori oscillanti, in pelle e tessuto a rombi, spingevano la MX-81 Aria avanti di anni… luce. Tant’è che fu scelto di fotografarla ufficialmente anche in piazza Duomo a Milano, già allora riconosciuta come una delle capitali del design internazionale. La concept era una dichiarazione di intenti e una sfida alle convenzioni tipica dei modelli MX. Alcuni elementi, come i fanali posteriori montati in alto e i fari a scomparsa, apparvero sulle future Mazda di serie negli anni Ottanta.

“La forma nel tempo” è molto godibile nel raccontare l’importanza delle vetture disegnate da Giugiaro nello styling Mazda e, più in generale, come la purezza del design italiano abbia influenzato due generazioni di designer Mazda. In ogni nuovo modello c’è un po’ di design italiano, automobilistico e non solo, come racconta l’attuale responsabile Ikuo Maeda: “Personalmente amo le auto italiane e ne ho possedute molte. L’Italia è il Paese migliore per comprendere come si fa una macchina bella. Si integrano con il paesaggio italiano e sono belle quando sono in movimento. Proprio quello che cerchiamo in Mazda con il Kodo design”. Già, e la MX-81 Aria? A differenza di altri studi e concept, per fortuna non fu smantellata. Per decenni è rimasta confinata in un magazzino nel distretto di Fuchizaki, finché Mazda è andato a cercarla e ne ha ordinato il restauro filologico e completo, in occasione del lancio della nuova MX-30. È tornata a Torino dove tutto è iniziato sessant’anni fa, per chiudere il cerchio ideale di una storia che è prima di tutto relazioni tra le persone guidate dal destino, con al centro la cura costruttiva e l’eccellenza nell’artigianato. “La forma del tempo” è visibile qui.

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